Destino (TMR) – Capitolo XIII


** Thomas **
Avverto Minho scoppiare a ridere alla mia affermazione ed io, portando a lui il mio sguardo, gli chiedo:
“Perchè ridi?”
“Tuo zio dice che scrivi male.” rifletto un momento, dovendo poi riconoscere la verità:
“È vero, ma questo non significa che non posso aiutare.” posso comunque insegnare.
Non ribatte, sebbene poi si alzi dal tavolo, sospirando:
“Fate come volete, io vado a fare due passi.” lo osservo avviarsi verso la porta, senza che Newt faccia altrettanto, lasciandomi anche leggermente sorpreso e, quando il moro è sulla soglia, mi fa cenno di raggiungerlo, senza dire una sola parola.
Ci metto poco a capire il motivo di questo gesto e, guardando il biondo accanto a me, mi arrendo a lasciarlo da solo, limitandomi a schioccargli un bacio sulla tempia, che non cela affatto la mia felicità riguardo la sua decisione.
Tuttavia, il mio buonumore dura un paio di giorni appena, dato che viene presto guastato dall’unica persona in grado di farlo e a cui bastano davvero poche parole perchè questo avvenga:
“I bambini dicono che Newt sta imparando a scrivere.” la fulmino con uno sguardo, ben sapendo che sa quanto mi faccia infuriare sentirle pronunciare quel nome ma non sembra essere un peso per lei, che aggiunge:
“Così che possa farti da scribano.”
“Trovi la cosa divertente?” la sua voce lascia intendere che non crede minimamente che ce la possa fare.
Non replica a parole, limitandosi semplicemente a porgermi una pergamena con l’alfabeto, scritto da lei, maiuscolo e minuscolo.
Fisso prima il foglio e poi lei, sibilando:
“Questo cosa significa?”
“Se vuole farti da scribano, questa è la scrittura che dovrebbe avere.” ribatte, altezzosa, come se stesse parlando con uno che non capisce niente “… E Janson dice che la sua fa proprio pena.”
“Ha appena cominciato e se il tuo intento è quello di metterlo ulteriormente in difficoltà..!” allora può benissimo..!
“Sto cercando di aiutare.” mi interrompe, stizzita, tendendo maggiormente il foglio verso di me “… Visto che sta imparando, tanto vale che impari fin da subito il modo corretto di scrivere. Non ci riuscirà mai, se il suo esempio sei tu o Chuck.” ammetto di essere troppo arrabbiato per sentirmi offeso dalla sua affermazione ma ben presto mi tocca riconoscere che ha ragione, anche se vorrei esattamente il contrario e, pertanto, mi piego a chiederle:
“Perchè vuoi aiutarmi? Fino all’altro giorno, ritenevi la sua sola presenza un insulto alla tua persona.” scrolla le spalle, ribattendo:
“Lo penso ancora. Ma sembri tenerci tanto…”
“E..?” non credo che sia solo per questo.
Così come non credo che il suo orgoglio la faccia tacere ancora a lungo.
Infatti non attende molto a confessare:
“E ho deciso di smettermi di preoccuparmi di questa cosa. Il tuo è solo un capriccio. Un capriccio di qualcosa che volevi tempo fa e che non hai potuto avere fino ad ora. E più mi oppongo a questo tuo desiderio più per orgoglio ti intestardirai su questa cosa e, sinceramente, ho ben altro da fare che alimentare i tuoi capricci. Specialmente se questo finirà da solo. E, quando questo avverrà, io sarò ancora tua moglie, la tua regina, la tua sposa. E sarò ancora accanto a te.” le strappo il foglio di mano, ribadendo quel concetto che non sembra voler capire:
“Non sei la mia regina, sei solo la madre dei miei figli. E sai benissimo che è lui l’unico che amo.” infine faccio per lascio la stanza, ben conoscendo le conseguenze che questa discussione porterebbe, tra risposte acide e voci che si alzano e non avendo proprio voglia di arrabbiarmi, unicamente per amore dei miei figli.
Volente o nolente, è loro madre e loro le vogliono bene.
Tuttavia, è ancora lei che mi ferma, sulla soglia della porta, con un:
“Thomas!” velato di rassegnazione.
La guardo da sopra una spalla e lei, sospirando ancora, aggiunge:
“Perchè dobbiamo sempre litigare? Una volta non era così.”
“Sai benissimo perchè.” da ragazzo le volevo bene, le volevo davvero bene.
Ma poi ho conosciuto chi mi ha fatto innamorare ma che lei tratta con una superiorità che non tollero.
Io esigo che lo rispetti.
Di nuovo, faccio per andarmene, venendo ancora una volta fermato da lei:
“Thomas!” trattengo uno sbuffo.
“Andremo avanti così tutta la vita?” se lei non cambia atteggiamento…
“Probabile.”
“Beh, io non voglio.”
“E pensi che io, invece, sì?” sbotto, sbattendomi la porta alle spalle per tornarle di fronte, non sopportando la sua insinuazione che sia solo colpa mia.
“Non stai facendo nemmeno uno sforzo!”
“E tu, invece?”
“Io ci ho provato.”
“Provato?” le faccio eco ma, avendo capito a cosa si riferisce, le faccio notare:
“Hai appena detto che per te è una relazione da niente!” i miei sentimenti sono veri. E lo sono anche i suoi!
“Forse lo pensi anche tu, se tanto ti arrabbi.” a queste parole, come è già capitato altre volte, avverto l’istinto di sollevare una mano per schiaffeggiarla ma, in nome del legame che ci unisce, faccio forza su me stesso per trattenermi.
Ma, prima che possa controbattere, sospira, aggiungendo:
“Mi dispiace.”
“Pensi che basti?” si acciglia leggermente, ribattendo:
“Almeno ci sto provando, al contrario di te!”
“Cosa vuoi che faccia, eh? Cosa vuoi che faccia? Che lo lasci? Che gli dica di andarsene?”
“Oh, non lo faresti mai.” e allora che non lo chieda!
“E allora cosa?”
“Prima di tutto vorrei che smettessi di trattarmi come se fossi io la causa per cui ti ha lasciato anni fa.” ribatte, stizzita.
“Non voglio. Parlare. Di questo.” affermo, scandendo bene le parole, avendole ripetute fino alla nausea.
Specialmente perchè sono seriamente convinto che in parte è anche così!
“Lo so.” replica, con un sospiro e calando il tono della voce “… Ma è quello che stai facendo e questo mi ferisce. Sembra che tu non voglia nemmeno darci una possibilità. Eppure, quando siamo insieme, tutti insieme, stiamo bene, no? Io, te, Chuck, Ben e Dylan. Siamo una famiglia e abbiamo vissuto anche tanti momenti felici, fino a quando non si parla di…” la fulmino e lei prosegue in un altro modo:
“Quell’argomento. Io vorrei solo che fosse così sempre.”
“Non può essere così.” specialmente ora che lui è di nuovo con me.
Non può negare quello che ci lega, come sta facendo.
“No, certo. Lo riterresti un torto nei suoi confronti, non è vero?” esattamente “… Ma, in nome dell’amore che so che nutri per i tuoi figli, ti prego, Thomas. Cerchiamo di andare di nuovo d’accordo. Sono stufa di litigare con te, lo facciamo per un motivo solo. Ed io voglio smettere. Facciamo almeno un tentativo.” mi ritrovo a sospirare, calmandomi a mia volta, ben sapendo che ha ragione ma odiando il fatto che usi i bambini come arma contro di me.
Eppure, è solo per amor loro che acconsento:
“D’accordo. Ma tu smetti di trattarlo con quell’aria di superiorità.”
“E tu smetti di trattarmi come se fossi il male in persona.” faccio per controbattere ma mi anticipa:
“Io..! Farò di tutto per sopportare la sua presenza in questo castello. Non ti aspettare che lo cerchi o che provi ad essergli amica ma mi sforzerò di rivolgergli un saluto se mai dovessimo incrociarci per strada.”
“Un saluto cortese.” non una smorfia aristocratica fatta solo per dovere.
“Un saluto cortese. Ma nulla di più.”
“Va bene. E non parlarne mai più.”
“Bene.” ribatte, iniziando ad indispettirsi “… Vorrà dire che farò come se non esistesse! Ma voglio che lui faccia altrettanto, rispettando il mio ruolo di tua moglie!” apro la bocca ma subito mi riprende:
“Thomas!” capisco immediatamente quello che vuole dire ma mi permetto lo stesso di farle notare:
“Non ha mai fatto il contrario.” nemmeno con me, neppure una parola.
Nè un gesto, nè un’espressione.
Ha preso come dato di fatto la nostra unione, senza mai farmi capire cosa ne pensa.
E, se da un lato gliene sono grato, dall’altro un po’ mi spaventa.
“Non lo farà nemmeno adesso.” la rassicuro, trattenendo a malapena un sospiro sconsolato.
Ma, per non darle motivo di ulteriori chiacchiere, mi affretto a chiudere il discorso:
“Mantieni fede alla tua parola ed io ti prometto che non alzerò più la voce con te.”
“Bene.”
“Bene.” restiamo in silenzio per un lungo momento, durante il quale vorrei andarmene, se il pensiero non mi facesse sentire improvvisamente a disagio.
Insomma… Non così.
Infine, tutto quello che riesco a fare è accennare verso la pergamena che mi ha dato, mormorando:
“Grazie.” dopotutto, ha ammesso di riconoscere il fatto che io ci tenga davvero e non ho dubbi che questo gesto lo abbia fatto unicamente per fare un favore a me.
Accenna ad un sorriso, velato di dolcezza, rispondendo:
“Non c’è di che.” titubo ancora un momento, poi, con un gesto appena accennato del capo, mi congedo, lasciando la stanza.
Tuttavia, lascio passare una settimana, prima di portare la pergamena a chi di dovere, trovandolo, come spesso accade, in biblioteca ad esercitarsi e a me non rimane che sedermi accanto a lui, in attesa che rialzi da solo lo sguardo.
Non lo fa, nonostante qualche tempo dopo mi chieda:
“Che c’è?”
“Passavo a vedere come andava.” finalmente mi guarda e, scrollando le spalle, la risposta è molto semplice:
“Va.” poi, qualche attimo dopo in cui restiamo in silenzio, aggiunge:
“Perchè sei qui?” indugio un momento, dubitando per un secondo che sia una buona idea, ma poi gli mostro quello che gli ho portato, di cui capisce subito la natura ed io non so come reagire quando lo vedo pietrificarsi.
Mi affretto immediatamente a cercare di rassicurarlo:
“Guarda che è più facile di quel che sembra!” prendo un foglio e, appoggiandoci vicino quello di Teresa, provo a copiare alcune lettere, per poi guardare il risultato, che si rivela essere decisamente pessimo.
Eppure, questo ha il potere di strappargli una risatina, con la quale mi riprende:
“Non dire altro.” mi volto verso di lui e, di fronte allo sguardo intenerito con cui mi guarda, perdo la volontà di aggiungere altro.
Infine, è lui a consolare me:
“Imparerò a farlo, se devo. In fin dei conti, anche quando stavo con Alby ho imparato cose che non avrei mai pensato di imparare, vedrai che me la saprò cavare anche con questa.”
“Davvero?” annuisce ed io non posso trattenermi dal rilassarmi vistosamente, dettaglio di cui non si accorge, troppo concentrato sui suoi esercizi.
“Non c’è bisogno che resti. Avrai un mucchio di altre cose da fare, no? Cose da re.”
“Sì, ma…” mormoro, poco convinto “… Non ti interessa..?” scuote la testa, affermando:
“Non mi interessa quello che fa il re. Mi interessa quello che fa Thomas. E di quello ne possiamo parlare più tardi.” ci metto qualche attimo a reagire e, come questo avviene, l’unica cosa che posso fare è quella di farlo voltare nella mia direzione e, incurante del suo lavoro, chinarmi sulle sue labbra.
Non mi sorprendo della sua sorpresa ma non lo reputo un buon motivo per allontanarmi, almeno non prima che ricambi il mio gesto, ed infine mi congedo:
“Allora, ci vediamo più tardi.” annuisce, dandomi il tacito consenso di andare ma, sulla soglia, mi fermo per chiedergli:
“Dov’è Minho?” è tutto il giorno che non lo vedo e ammetto di non averlo visto nemmeno ieri.
“A fare un giro, come sempre.” come sempre…
“Ho capito. Allora, a dopo.” replica con un leggero cenno della mano, dopo il quale lo lascio, percependo quella tranquillità che da tempo non provavo, quella di quando tutto è al suo posto.

 
Continua…

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