My world to save (KnB) – Capitolo III


** Aomine **
“Buongiorno.” biascico, entrando in ufficio.
“Che faccia.” commenta Susa, perplesso “… Non hai dormito?”
“No.” ammetto, raggiungendolo “… O meglio… Sì, ma ho dormito male.” continuavo a pensare.
Un po’ a Kise…
Un po’ al lavoro…
E un po’ di nuovo a Kise.a
Alla fine i miei timori erano più fondati di quanto temessi e il fatto che io sia tornato a casa e abbiamo fatto due parole non ha migliorato come credevo la situazione.
Non basta più stare insieme per mettere da parte le sue insicurezze.
Non basta più stare insieme affinchè lui sia felice.
È la cosa che più mi pesa in questa situazione. La mancanza del suo sorriso. E dei suoi incoraggiamenti…
Quindi, alla fine, nel disperato quanto inutile tentativo di capire cosa fare, non sono riuscito a dormire e, di conseguenza, ci ho rinunciato e ho deciso di concentrarmi sul lavoro.
In cerca di una distrazione momentanea…
La prossima volta… Sì, come no. Dico sempre la prossima volta ma la volta successiva non cambia niente. Non riesco a far cambiare niente.
Stamattina esco prima, ma stasera cerco di stare un po’ di più con Kise.
Stasera esco tardi, ma domani cerco di tornare a casa per cena. Per stare con Kise.
Non rientro, stasera, ma domani mattina passo al bar a fare colazione. Così saluto Kise.

Già… Quante volte ho fatto la prima senza riuscire a fare la seconda. E con lo stesso proposito ogni volta: la prossima volta, andrò da lui.
“Potevi venire più tardi e approfittare per cercare di riposare ancora un po’.” mi distrare Susa, interrompendo i miei pensieri.
“Non ce la facevo.” mi difendo “… Inoltre ho pensato che avrei potuto darti il cambio. Sarai stanco.” piuttosto che continuare a girarmi nel letto rischiando di svegliare Kise.
Cosa ne avrei ricavato? Mi avrebbe chiesto se c’era qualcosa che non andava e io cosa avrei potuto rispondergli?
Sì, penso al fatto che non passa giorno senza che ti ferisca e senza che pensi di averti tolto il sorriso.?
Per sentirmi rispondere cosa?
Non preoccuparti, io sto bene.?
Baggianate. Se stesse bene lo vedrei!
Lo sentirei.
Crede che non me ne sia accorto? Crede che non mi sia accorto di non sapere più quando è stata l’ultima volta che l’ho visto sorridere?
“Siamo tutti un po’ stanchi.” risponde il mio collega, interrompendo di nuovo i miei pensieri “… Ma tieni duro. Sono certo che ci siamo quasi. Una volta preso quel tizio, tutto andrà meglio. E poi, chissà! Magari riusciamo anche a farci una vacanza.” non credo proprio…
Titubo un momento, poi mi arrendo a chiedere:
“Una volta chiusa la faccenda… Cosa farai?” per festeggiare, intendo.
Ci pensa pochi attimi, prima di sorridere e rispondere semplicemente:
“Inviterò Imayoshi a una cena decente.” non nascondo un sorriso, non aspettandomi niente di molto diverso “… E tu?”
“Io?” io penso proprio che passerò un giorno. A casa. Nel letto.
Tra le braccia di Kise.
E poi…
Non faccio in tempo a concludere il pensiero e ancor meno a replicare, anticipato dal telefono che suona un paio di volte, costringendolo a rispondere, intanto che ne approfitto per sistemarmi e cominciare a guardare cosa poter fare. Guardo il mio collega mentre parla con il suo interlocutore e, vedendolo più volte passarsi una mano sul volto, palesemente stanco, attendo solo che chiuda la conversazione e che mi metti al corrente delle ultime novità per dirgli:
“Qui ci penso io. Tu vai pure a casa.”
“Sei sicuro?” annuisco “… D’accordo. Torno stasera a darvi il cambio. Sakurai e Tanaka sono andati via qualche ora fa, quindi torneranno nel pomeriggio. Se avete bisogno, comunque, fatemi un colpo di telefono.” annuisco, più per farlo contento che perchè intendo farlo davvero.
Non dovrebbe nemmeno essere qui.
Aspetto di rimanere da solo per chiudermi nuovamente nei miei pensieri per qualche minuto, alla ricerca di quel bandolo di matassa necessario per risolvere la situazione, bandolo che non si fa trovare, costringendomi ad accantonare i miei pensieri per concentrarmi sul lavoro.
Dopotutto… Sono venuto qui per questo, no?
Cerchiamo almeno di non buttare via un’occasione.
Proprio per questo, rimetto mano a tutti i documenti sparsi sulla scrivania, cercando per l’ennesima volta un indizio o una qualunque altra cosa che ci consenta di andare avanti, trovandolo non molto più tardi quando, magicamente, compare sotto i miei occhi.
Forse… Potrebbe…
Prendo un foglio su cui scarabocchiare e, lasciando i miei pensieri liberi di vagare, cerco di star loro dietro con una penna, controllando poi il risultato per scoprire che, forse, potrebbe non essere così immaginario come temevo. Infatti, controllo nuovamente i dati che abbiamo in mano e, identificando i punti più deboli della mia intuizione, provo a chiamare i colleghi di Gifu, ottenendo in risposta quello che mi aspettavo: nel giro di qualche minuto mi manderanno altri documenti che potrebbero dare conferma alla mia idea.
E, mentre aspetto, rivedo ancora una volta tutto quello che ho messo insieme, convincendomi sempre di più che potrebbe essere l’indizio necessario per una svolta nelle nostre indagini.
Poi, non ancora del tutto soddisfatto, cerco altro materiale a supportare la mia tesi, conscio che servirebbe un controllo incrociato che, purtroppo, non ho l’autorità per chiedere.
Maledizione…
Non mi lascio abbattere, sapendo che è solo questione di minuti prima che chi di dovere mi raggiunga e, in effetti, deve passare poco meno di mezz’ora prima che Imayoshi entri nell’ufficio, restando sorpreso di vedermi.
“Già qui?” annuisco, riservandogli solo un cenno distratto “… Susa?”
“Gli ho dato il cambio.” mormoro, terminando gli ultimi accorgimenti, mentre lui sistema le sue cose e si siede al posto davanti a me, cercando di capire cosa sto facendo, senza che io proferisca parola.
“Perfetto!” esclamo, sentendomi improvvisamente pieno di energie e facendolo sobbalzare, tanto da chiedermi:
“Cosa c’è? Che hai scoperto?” non replico, anticipato dal fax che comincia a suonare e, soprattutto, a stampare fogli, fogli che corro a prendere per controllare di avere avuto le mie conferme.
Esulto interiormente, limitandomi a stringere un pugno, tornando alla realtà quando il mio collega sbotta:
“Aomine! Metti al corrente anche me?”
“Sì, prima volevo esserne sicuro.” vado a sedermi accanto a lui, mostrandogli il mio lavoro di stamane, spiegandogli tutto il filo dei miei ragionamenti.
Mi guarda scettico, commentando:
“Come teoria è un po’ debole.”
“È l’unica che abbiamo.” ribatto, conscio che quanto ha detto è la verità.
Ma se non proviamo, se non rischiamo… Resteremo bloccati per quanto?
Non intendo lasciare che quei maledetti guadagnino più terreno di quanto già non stiano facendo.
Non intendo lasciare… Che il nostro rapporto si rovini più di quanto non sia già.
“Servirebbe un controllo incrociato.” mi fa notare, dandomi l’opportunità di replicare:
“E allora chiedilo.” visto che lui è l’unico che può farlo.
Sospira pesantemente, per poi riguardare la mia analisi e continuare:
“Chiama di nuovo quelli di Gifu. Potrebbe essere una buona intuizione, ma è ancora troppo debole. Fatti mandare tutto quello che hanno. E intendo tutto. Chiaro?” annuisco, alzandomi per raggiungere in fretta il telefono e chiamare, ritrovandomi costretto ad alzare la voce per ottenere la risposta che cerco e, nel giro di un’ora, altro materiale su cui lavorare.
Da qui, riesco a convincere il quattrocchi a chiedere questo benedetto controllo incrociato, lasciandomi andare ad un sospiro stanco quando otteniamo il permesso e questo parte.
Per favore… Fa’ che ci siamo…
“Sembri parecchio stanco.” commenta Imayoshi, dondolandosi per un momento sulla sedia davanti a me “… Avresti dovuto riposare di più, stanotte.”
“Non ci sono riuscito.” gli spiego, alzandomi per avvicinarmi alla finestra, portando quasi senza volerlo gli occhi sul bar al di là della strada.
“Questo caso ti ha proprio preso, eh?” questo… Quello prima… Quello prima ancora… “… Avresti bisogno di un caffè.” già…
Un bel caffè…
Sospiro, appoggiandomi al vetro per guardare oltre la finestra.
Non è proprio quello, ciò di cui ho bisogno.
E temo che questo lo sappia anche lui.
Titubo un momento solo, o forse nemmeno quello, prima di girarmi ed informarlo:
“Vado a prenderne uno. Lo vuoi anche tu?” non fa in tempo a replicare, anticipato dalla porta che si apre per permettere a Tanaka di entrare, insieme a Ryo, che a sua volta porta un portabicchieri con quattro contenitori.
Come non detto…
“Buongiorno!” esclama il primo, buttando la giacca sulla sua sedia, mentre l’altro si preoccupa di distribuire le bevande, dandomi conferma dei miei timori: caffè.
“Che ci fate già qui?” domando, cercando di non apparire scontroso e ottenendo replica da Imayoshi:
“Li ho chiamati io. Se questo controllo dovesse andare a buon fine, potremmo dover intervenire subito.” non posso controbattere, anticipato da Ryo che, guardandomi, mi chiede:
“Aomine-san… Va tutto bene?” a parte aver perso di nuovo un’altra occasione per non perdere Kise? E la frustrazione per questa indagine che sembra non star portando niente di concreto?
“Sì.”
“Non si direbbe.” infierisce Tanaka “… Oggi hai una faccia peggiore del solito.” già.
Sarà grazie a chi?
Non replico, limitandomi a fulminarlo e facendo intervenire di nuovo il quattrocchi:
“Sakurai ha ragione, Aomine. L’ho notato anch’io, non hai affatto una bella cera. Per oggi hai fatto abbastanza, vai a casa e riposati. Qui ci pensiamo noi.”
“Ma..!” provo a protestare, venendo zittito immediatamente:
“Se ci sono novità, ti chiamiamo. Ora va’.” mi arrendo, dovendo ammettere di non potermi oppore agli ordini di un superiore, sebbene, prima di andare via, mi faccia promettere di nuovo di venire avvertito alla minima novità.
Infine, raggiungo la macchina dove, come ieri e negli ultimi giorni, vengo di nuovo assalito da quel mal di testa che mi impedisce di pensare e che mi costringe, una volta a casa, a buttarmi di peso sul divano, chiudendo gli occhi.
Solo… Dieci minuti…

 
Apro gli occhi e la prima cosa di cui mi rendo conto è che sono passati decisamente più di dieci minuti da quando sono tornato a casa e poi che il mio mal di testa non è affatto migliorato.
Al contrario…
Controllo immediatamente il cellulare, non trovandoci chiamate.
Sospiro ancora più stanco, voltandomi verso lo schienale del divano, affondando maggiormente nella coperta sopra di me.
Nella… Coperta?
Mi metto seduto con un po’ di fatica, portando lo sguardo verso il corridoio che conduce nelle altre stanze, cercando di avvertire un qualunque rumore, cosa che avviene poco dopo, quando decido di alzarmi, muovendo un po’ incerto qualche passo.
Maledizione…
Temo di aver… Dormito troppo…
Subito dopo, vedo Kise venirmi incontro, con un’espressione sorpresa che, forse, non dovrebbe stupirmi e con la quale mi chiede:
“Ti ho svegliato?” lui?
“No.” e come avrebbe potuto? Cerca sempre di fare di tutto per non disturbarmi che, anche se avesse voluto, non avrebbe mai potuto svegliarmi.
“Non stai bene?”
“Ho… Mal di testa.” confesso, vinto dall’istinto di… Averlo vicino.
Anche solo… Un momento…
Come lo eravamo una volta…
Mi pento immediatamente di aver parlato quando il suo sguardo accentua quel velo di preoccupazione che lo riveste sempre e che sempre cerca di nascondermi, mentre porta una mano sulla mia fronte.
Trattengo un sospiro di sollievo, cosa che faccio anche con il chiudere gli occhi, sentendomi già un po’ meglio.
“Scotti.” mormora, senza riuscire a nascondermi nemmeno in parte quanto la cosa lo preoccupi “… Dovresti riposare.”
“Sto bene.” replico, arrabbiato con me stesso e con questa situazione.
Esattamente quello che ci voleva.
“Non stai bene.” mi contraddice “… Potresti avere la febbre.” afferro senza esitazione la sua mano, allontanandola da me e ribadendo:
“Ho detto che sto bene.” non deve… Non voglio che si preoccupi per me.
Abbiamo già… Fin troppe cose di cui preoccuparci.
Tuttavia, capisco subito che non è così che ho aiutato la situazione, dato che la sua espressione cambia di nuovo, trasformandosi in quella ferita che anche ieri ho visto e che, come ieri, cerca di nascondermi di nuovo.
Perfetto.
Anche questa volta, ottimo lavoro, Daiki.
Apro la bocca per scusarmi ma, prima ancora di poter proferire parola, vengo anticipato dal mio cellulare che suona e a cui rispondo dopo un attimo solo di indugio.
Non sono sicuro di sorprendermi quando mi ritrovo a parlare con Imayoshi che, esattamente come temevo, mi informa che hanno avuto gli esiti che volevo.
Titubo un attimo, lanciando una veloce occhiata a Kise, che tiene lo sguardo basso, facendomi sentire ancora peggio di prima.
E lo so quello che dovrei fare…
Ma prima voglio chiudere questa faccenda.
Solo una volta aver messo da parte ciò per il quale continuo a ferirlo potrò finalmente chiedergli scusa come si deve.
Infatti è per questo che mormoro:
“Devo andare.”
“Ok.” bisbiglia, con un filo di voce che sento a stento.
“Quando torno…” ci provo, sperando che per il momento basti “… Prenderò qualcosa.” annuisce senza replicare, poi si volta, tornando verso l’interno della casa e, nonostante sappia che questo è il suo modo per dirmi di non farmi problemi ad andare, non ci riesco.
Rimango lì, ad osservarlo per alcuni secondi, lottando contro l’istinto di fermarlo, istinto che vinco, girandomi dalla parte opposta a lui per uscire di casa.
Non voglio risolvere la questione con leggerezza. Perchè se dovessi voltarmi indietro, so che riceverei un’altra telefonata che ci interromperebbe. Ed io non voglio.
Questa cosa… Questa situazione… Questa relazione merita… Più tempo. E io voglio dedicargliene tutto quello di cui ha bisogno.
Perchè… È la cosa più importante.
Lui è la cosa più importante.
E non è giusto trattarla come un qualcosa che basta poco per risolvere.
Se dovessi fare così… Non me lo perdonerei mai.
Raggiungo la macchina, su cui salgo per abbandonarmi sul sedile, portando di nuovo lo sguardo verso l’appartamento che ho appena lasciato.
E, questa volta, provo di nuovo quel filo di rabbia nei miei confronti, insieme alla frustrazione per come vanno le cose.
Detesto quando mi nasconde le cose.
Detesto quando finge che vada tutto bene.
E soprattutto detesto fargli credere di riuscirci davvero. Non voglio che questo lo porti a pensare che non mi importi di lui.
Che non mi accorga di come si sente.
Me ne accorgo, invece. Più di quanto immagina.
Se solo riuscissi a farlo parlare per primo, eviterei di ferirlo un’altra volta.
Sospiro pesantemente, appoggiandomi con la fronte al volante.
Se solo si decidesse a lasciarmi portare parte di questo peso…
Invece cerca sempre di fare tutto da solo, unicamente per potermi permettere di chiudere questo caso alla svelta.
Mi consolo almeno sapendo che, probabilmente, questo significa che sa che quello è l’ostacolo maggiore che ci divide
Ma, anche se questo è quello che è rimasto del suo modo di incoraggiarmi, io preferirei ancora che si confidasse con me. Che mi parlasse.
Se solo avessi il tempo di poterlo ascoltare.
Dannazione…
Fino a quando non cambierà la mia situazione non riuscirò a fare in modo di poterci confrontare, di poter discutere, di poter avere un rapporto.
La cosa migliore che posso fare per noi è sbrigarmi a chiudere la questione.
Prima che si rompa un altro filo…

 
** Kise **
“Cosa è successo, questa volta?” domanda Moriyama-san, cercando, lo so, di sdrammatizzare la faccenda con un sospiro rassegnato, mentre io servo loro l’ordinazione.
“Il solito.” replico, non avendo molta voglia di parlare della cosa.
Perchè poi so che… Smetterò di ripetermi che va tutto bene e ricomincerò a preoccuparmi.
“Il peggio del solito, vorrai dire.” mi corregge, apprensivo ma, prima che possa negare, mi fa notare:
“Hai sbagliato le ordinazioni.” e…
“Eh?” controllo che quanto abbia detto sia vero e, rendendomi conto che è così, posso solo lasciarmi andare ad un sospiro demoralizzato, dopo il quale mi passo una mano sugli occhi, mormorando:
“Mi dispiace.” ci mancava solo questa “… Rimedio subito.” faccio per riprendere quanto ho appena messo sul tavolo, ma vengo fermato da Kasamatsu-san:
“Lascia stare, va bene così.” non va bene così…
“Non…” è nemmeno quello che prenderebbero di solito.
“Ho detto che va bene.” ribadisce, categorico, ed io mi arrendo, anche a causa di un altro tavolo da servire.
Non devo attendere molto, prima di voltarmi e trovarmi davanti di nuovo lui che, semplicemente, mi chiede:
“A che ora finisci?”
“Tra un paio d’ore. Il capo mi ha chiamato per sostituire l’altro ragazzo mentre è fuori per una commissione.” guarda l’orologio, replicando:
“Non dovrei finire molto più tardi di te. Aspettami, ti accompagno a casa. Anche se finisci prima.” annuisco appena, mormorando un:
“Grazie.” che non ottiene risposta, dato che il suo collega lo raggiunge per poter tornare insieme a lavorare.
Quanto a me, non mi rimane che continuare con il mio lavoro, facendo del mio meglio per non fare altri disastri e, come d’accordo, un paio di ore dopo mi ritrovo in macchina accanto a Kasamatsu-san che, nel riaccompagnarmi a casa, come avevo immaginato, riaffronta la questione:
“Cosa è successo?”
“In fin dei conti…” ammetto “… Niente. Sono solo io che sono un cretino.” che diamine mi è saltato in mente, vorrei sapere.
Non è stato proprio il modo migliore per fargli capire che ho fiducia in lui e nelle sue scelte.
Stupido…
Mi lancia un’occhiata rapida, per poi tornare a concentrarsi sulla strada e insistere:
“Avanti. Questa volta non sei solo demoralizzato o preso male o sconsolato. Sei preoccupato, più di quanto lo sei di solito.” sospiro, rimanendo in silenzio per alcuni metri, dopo i quali mi ritrovo, contro la mia volontà, a confessare:
“È un motivo così sciocco.” lo so che conosce i suoi limiti “… Abbiamo… Discusso, se così si può dire…” e so che non li oltrepasserebbe, specialmente se questo significasse ferirmi “… Perchè… Non sono capace di stare zitto.”
“Non cercare di giustificarlo, non mi interessa sapere se è colpa di qualcuno. Voglio solo sapere cosa ti angoscia tanto, senza giudicare nessuno. E soprattutto voglio che ti sfoghi. Per davvero, una buona volta.” di nuovo, prendo un respiro profondo e, sentendomi ancora una volta così stupido da voler sprofondare, mi decido a concludere:
“Credo che sia malato. Non grave, solo qualche linea di febbre. E io…” io…
“Non volevi che che peggiorasse.” conclude, al posto mio, leggendomi nel pensiero e facendomi annuire “… Non mi stupisce.”
“È che…” mi difendo “… Con…” il lavoro che fa “… Gli orari che fa, se…” dovesse succedergli qualcosa “… Dovesse peggiorare, io…” cosa farei? “… Non potrei andarlo a prendere e lui si ritroverebbe a guidare in quelle condizioni. Vorrei solo che si prendesse un po’ più cura di se stesso.” resta in silenzio per qualche attimo, durante i quali mi convinco che il mio discorso non può aver fatto una piega, poi riprende il discorso:
“Con il lavoro che fa, se dovesse succedergli qualcosa, cosa faresti, suppongo intendessi.” non ho la forza di controbattere e, immagino, nemmeno quella di sorprendermi.
Nonostante il tempo passato, mi conosce ancora così bene.
Sospira, continuando:
“Perchè non gliel’hai detto?” perchè… Come avrei potuto?
“È grande abbastanza da prendere da solo le sue decisioni, senza che qualcuno…” io “… Si intrommetta. Nessuno meglio di lui sa se può o non può farlo, quindi io…” non ho alcun diritto di immischiarmi. E lui non è un bambino…
“Ci risiamo.” commenta, sconsolato “… Di nuovo con questa storia. Kise, te l’ho detto, una volta: non si tratta di intromettersi o immischiarsi. Si tratta semplicemente di condividere le cose. Hai ancora questo vizio di lasciarti mettere da parte. Quando ti innamori e sai di essere ricambiato, è difficile farti venire dubbi sui sentimenti provati per te. E non chiedi mai niente… Non è imporre, è una richiesta. Ha il diritto di sapere cosa vuoi che faccia. Poi spetta a lui scegliere cosa fare, se assecondare la tua domanda oppure no.” non riesco a controbattere, non sapendo cosa dire e questo gli dà la possibilità di ribadire:
“Diglielo. È grande abbastanza da prendere le sue decisioni ma tu devi andargli incontro. Farti mettere in un angolo non lo aiuterà di certo. Lo porterà a rimandare, rimandare e rimandare, perchè tanto sa che tu sarai lì ad aspettarlo. Ma questo non basta. E quando se ne accorgerà, sarà troppo tardi e ti avrà perso. Non credo che se lo perdonerebbe.” rimango in silenzio una manciata di istanti, riflettendo sulle sue parole, dopo i quali mi ritrovo a mormorare:
“Non voglio che pensi che gli chieda di scegliere tra me e il suo lavoro.”
“È quello che faresti?” per come vanno le cose?
“….” temo di sì.
Sembra restarne sorpreso, sebbene poi ribatta:
“Motivo in più per dirglielo prima che sia troppo tardi. Non gli stai chiedendo di lasciare il suo lavoro, gli stai solo chiedendo di non farti preoccupare. Non è poi una richiesta così impossibile da esaudire, senza contare che il buon senso dovrebbe averlo già portato a prendere da solo questa decisione. E poi, per un giorno non muore nessuno, tantomeno quegli spocchiosi dell’antimafia.” mi lascio andare ad un sorrisino, cogliendo l’occasione per pensare ad altro e commentando:
“Proprio non ti piacciono.”
“No, decisamente no!” conferma, per poi lasciarsi andare ad alcune lamentele sul loro modo di comportarsi che riescono a farmi sorridere leggermente.
Non intende proprio cambiare idea, su di loro…
Già… Loro…
Loro che non sanno fare niente senza doverlo continuamente chiamare.
E con che precisione, poi. Sempre quando sembriamo sul punto di poter affrontare la questione…
Basta questo pensiero a farmi perdere il sorriso e, nonostante i tentativi del mio accompagnatore di distrarmi, non ci riesce e, nell’arco di qualche minuto, mi ritrovo di fronte a casa che, naturalmente, ha le luci spente.
Già… Sai che sorpresa…
“Grazie per avermi accompagnato.” mormoro a Kasamatsu-san, scendendo dalla macchina e accennando ad un sorriso “… Mi hai risparmiato di prendere il treno.”
“Non c’è problema.” replica, come se nulla fosse “… Mi raccomando. Non lasciarti abbattere.”
“Già.” è più facile a dirsi che a farsi… “… Farò del mio meglio.”
“E parlaci. Per davvero.” annuisco, consapevole anch’io che questa è l’unica cosa che, ora come ora, possiamo fare per salvare la situazione.
Entro in casa e mi basta poco per avere conferma di essere da solo.
Non me ne stupisco, neanche un po’.
Mi avrebbe sorpreso di più il contrario. Non credo proprio che si siano accorti che non sta bene e, anche se lo avessero fatto, non saranno di certo loro a spingere affinchè riposi. Figuriamoci. Sembra quasi che lo facciano apposta.
Capisco il caso delicato, capisco la mancanza di personale e tutto quello che vogliono. Ma a ogni cosa c’è un limite.
Ora capisco davvero quando Kasamatsu-san dice che sono un branco di fissati e che non vedono altro se non il loro lavoro.
Forse ha veramente ragione quando dice che dovrei essere io a fare qualcosa. In fin dei conti… Loro non se ne rendono conto e io non voglio che gli accada qualcosa quando c’è la possibilità per me di fare qualcosa per evitarlo.
Sospiro sconsolato.
Ecco che, di nuovo, mi intrometto nel suo lavoro.
Davvero questa è l’unica soluzione per recuperare le cose?
Comincio a temere che sia davvero così.
Sospiro rassegnato, e, ancora più sconsolato, raggiungo la cucina dove, una volta accesa la luce, la mia attenzione viene catturata da una scatolina sul tavolo.
La osservo un attimo, prima di avvicinarmi e andare a verificare di cosa si tratta, restandone davvero sorpreso quando mi accorgo che si tratta di un antinfluenzale che, a giudicare dal pezzetto di carta metalizzata che è caduto a terra, è stato preso dopo che sono uscito.
Dopo… Quella discussione…
Non freno un accenno di sorriso, sentendomi in parte un po’ più rasserenato, sensazione che sparisce quando raggiungo la camera da letto, che trovo deserta e, se da un lato questo non mi sorprende, dall’altro mi fa arrabbiare. Di nuovo.
Quanto tempo gli avranno dato per riposare, questa volta? Due ore? Oppure sono stati buoni e gliene hanno concesse addirittura tre?
Ripenso a tutto il discorso che ho dovuto affrontare in macchina, ritrovandomi ad ammettere che ha ragione, rigirando a mio favore le sue stesse parole.
Non è intromettersi. Ma condividere le cose.
Cercando di continuare a convincermi di questo, mi stendo dalla mia parte, voltandomi su un fianco per guardare il resto del materasso.
Che so rimarrà vuoto ancora a lungo.
Mi volto dalla parte opposta, come sempre, così che non pensi di disturbarmi nel caso rientrasse.
E anche per potermi illudere di vederlo occupato, una mattina.
Questa storia deve finire. Almeno per un paio di giorni.

 
Continua…

Di' la tua ma non chiederci la password! ^^

* Campo obbligatorio

Commenta *