My world to save (KnB) – Capitolo I


** Aomine **
Lascio scivolare la chiave nella toppa, trattenendo al meglio uno sbadiglio, dopo il quale apro la porta cercando di fare il minimo rumore.
Non attendo che i miei occhi si adattino all’oscurità presente nell’appartamento e, ormai abituato alla desolazione che lo avvolge, mi trascino in camera da letto, passandomi una mano sugli occhi.
Le due e mezza di notte… Questa volta, ho fatto più tardi del solito…
Raggiungo la stanza, anch’essa immersa nel silenzio e nel buio e, facendo ancora più attenzione a non fare rumore, mi lascio cadere seduto sul letto, stanco.
Parecchio stanco.
Vorrei… Solo dormire…
“Hai fatto tardi.” sussurra Kise, assonnato, dall’altra parte del letto, sotto le coperte e, probabilmente, girato nella parte opposta alla mia.
Come sempre, ultimamente.
“Non ho avuto il tempo di avvisarti.” mormoro, mantenendo un tono adeguato al suo.
“L’avevo immaginato.” resta in silenzio qualche attimo e così anch’io, poi, prima che possa aggiungere qualcosa, mi alzo, concludendo quello che potrei definire il dialogo di quelle poche volte che riusciamo a parlare:
“Vado a fare una doccia. Tu continua a dormire.” avverto un debole mugugno giungere in risposta e, non attendendo altro, recupero un cambio, per poi scomparire nel bagno, dove, una volta sotto il getto dell’acqua, non mi freno dal sospirare di nuovo, questa volta un po’ più pesantemente.
Anche stasera…
Mi prendo giusto quei cinque minuti che mi servono e, una volta rivestito, indugio qualche attimo su cosa fare, prima di optare per andare a dormire sul divano.
Così… Non è costretto a sforzarsi di restare sveglio… Per cercare di avere… Un dialogo…
Dialogo che ormai… Non esisterebbe più… Se non fosse per lui…
Appoggio la testa sul cuscino, sprofondando immediatamente nel sonno.

 
Vengo svegliato bruscamente dalla suoneria del mio cellulare e, sobbalzando, recupero il telefono, così da sentire Imayoshi esclamare dall’altro lato:
“Aomine! Ci sono grosse novità! Vieni immediatamente in ufficio!”
“Va bene…” sbadiglio “… Arrivo.” chiude la conversazione e io riesco finalmente a vedere che ore sono: le sei di mattina.
Sbadiglio di nuovo.
Ho dormito forse tre ore… Oggi è andata peggio del solito…
Mi alzo dal divano, restando in silenzio una manciata di secondi, in attesa in eventuali rumori per la casa: silenzio.
Recupero gli abiti di ieri, essendo gli unici fuori dalla camera da letto ma, prima di uscire, non posso fare a meno di voltarmi indugiando un istante verso il corridoio che conduce nelle altre stanze.
Buongiorno, Kise… Forse ci vedremo questa sera.
Forse… Se riesco a finire ad un orario che potresti considerare presto.
Torno in me, ricordandomi della chiamata di poco fa.
Devo sbrigarmi o farò tardi.

 
** Kise **
“Che aria abbattuta!” esclama Moriyama-san “… Anche se… Ultimamente è più raro il contrario!” già.
“Le cose vanno ancora male?” mi chiede invece Kasamatsu-san, a cui riesco solo a rispondere:
“Vanno come sempre.” ormai non ci vediamo praticamente più, non ci sentiamo e non ci parliamo. Non ricordo nemmeno quando è stata l’ultima volta che abbiamo passato un po’ di tempo insieme “… E stanotte ha dormito sul divano.” di nuovo “… Ed è uscito prima che mi svegliassi.” di nuovo. Per non dire come sempre. Ormai non riusciamo più nemmeno a fare colazione insieme.
“Ahia.” mormora il più alto dei miei due interlocutori “… Il divano è una cosa seria.” già. Che non lo dica a me “… Siamo agli sgoccioli.”
“Non dire così.” lo riprende il suo partner, per poi guardarmi e cercare, a modo suo, di incoraggiarmi:
“Devi tenere duro.” mi sforzo di sorridere, replicando:
“Ci proverò.”
“Devi evitare che diventi un’abitudine.” gli dà man forte il suo collega, tornando serio “… Altrimenti è finita davvero.”
“Lo so.” ma in che modo?
Le uniche possibilità sono essere io ad occupare il divano, ma questo non è certamente risolvere la situazione, oppure… Quando lui rientra e viene in camera, fingere di dormire.
Non parlargli.
In questo modo, forse, resterebbe.
Se non cercassi di… Sapere come è andata la sua giornata… Forse resterebbe.
Già… Ma in questo modo smetteremmo definitivamente di parlare.
Per cui… Anche se una parte di me sospetta che la cosa gli dia fastidio, io… Non smetterò di cercare un dialogo. Se dovessimo perdere anche quelle due parole di circostanza che ci scambiamo, cosa resterà ad unirci?
“Dovresti parlarci.” parlarci?
Ridacchio tristemente, ricordando loro:
“E quando?” ormai non riusciamo più a far combaciare un orario che sia uno. Lui praticamente non ne ha nemmeno più. Finisce tardi, comincia presto… A volte rimane in ufficio tutta la notte ed è capitato più volte di non vederci per alcuni giorni consecutivi “… Non viene più nemmeno al bar.” spesso salta i pasti e, quando invece mangia, naturalmente si fa portare il cibo direttamente in ufficio, insieme ai suoi colleghi.
“Sai come si dice, no?” mi incoraggia nuovamente Moriyama-san “… Se Maometto non va alla montagna…” lascia in sospeso la frase e a proseguire è il suo vicino:
“Se l’occasione non si crea, creala tu.” io?
Lancio una breve occhiata al mio collega, così come loro due, mormorando quello che già sanno:
“Sapete che il capo preferisce non mandare me, per le consegne.” dato che dice che sono più utile qui, nei momenti di maggiore afflusso.
Maledizione a me e alla mia memoria…
Sospirano anche loro e il più basso prosegue:
“Comunque non arrenderti. Vedrai che prima o poi le cose andranno meglio.” sì… Ma quando?
“Ciononostante, il suo atteggiamento è ingiustificabile. Non ci si comporta così, in una relazione. Dopo il casino che ha messo in piedi, è questo il modo di comportarsi? Capisco i doppi turni e tutto quello che vuoi! Ma una sera puoi benissimo tornare a casa per cena! Specialmente se hai qualcuno che ti aspetta.”
“Hanno per le mani un caso delicato.” il dodicesimo, circa, da quando ha cambiato sezione, ma è comunque un caso delicato.
“Beh, che tu abbia ancora le forze di difenderlo è senza dubbio un fattore positivo.”
“L’hai detto tu che prima o poi le cose andranno meglio.” e io voglio crederci.
Non posso accettare che quello che abbiamo costruito venga distrutto come un castello di carte al vento dal suo lavoro.
Lavoro di cui ero a conoscenza fin dall’inizio… E per il quale… Non mi preoccupavo.
Almeno non prima che si trasferisse e che le cose prendessero la piega che hanno adesso.
Mi costringo ad uscire da questi pensieri quando la porta del locale si apre ed io, avendo qualcuno da servire, mi congedo dai miei interlocutori, stampandomi in faccia un sorriso di cortesia per andare ad accogliere il nuovo cliente.
Tuttavia, non riesco a trattenermi dal portare per un istante gli occhi sull’edificio dall’altra parte della strada.
Spero solo… Che stia bene.

 
Continua…

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