Destino (TMR) – Capitolo XV


“E sarebbe?” domanda, senza guardarmi ma senza nemmeno nascondermi la poca fiducia che ripone nella mia affermazione.
“Ho bisogno di un messaggero. Un messagero di fiducia, che porti i miei messaggi nel mio regno e ai miei alleati. E Minho sarebbe…” perfetto.
Scuote la testa, interrompendomi e ribattendo ironico:
“Tu guarda il caso.”
“Guarda che sono serio.” si volta, senza celarmi il velo nei suoi occhi che, per un momento, ha il potere di paralizzarmi e replica:
“Sì, e casualmente ne hai bisogno proprio adesso.”
“L’avevo pensato quando mi hai detto di voler imparare a scrivere ma non ve l’ho proposto perchè temevo mi avresti mangiato vivo, se solo avessi azzardato a dire una cosa simile.” provo a spiegargli, per nulla intenzionato a cedere di fronte alla sua ostinazione.
Questa volta non controbatte ed io lo prendo come il consenso di spiegargli cosa comporterebbe questa mia proposta:
“Se lui mi facesse da messaggero, avrebbe la possibilità di viaggiare in tutto il mio regno e, qualche volta, anche oltre i confini. Dovrà solo consegnare dei messaggi, niente di più. Messaggi pacifici. E poi fare ritorno qui. E non sarebbe costretto a restare chiuso qui dentro.”
“Sarebbe come quando andavo in città a fare rifornimento.” mi dà man forte il diretto interessato, beccandosi subito una fulminata, seguita da un:
“Tu da che parte stai?” a cui sa prontamente rispondere, sebbene sulla difensiva:
“Ehy, guarda che a me andrebbe più che bene!” lo lascia in silenzio per un lungo attimo, durante il quale pare credere seriamente a questa affermazione, tanto da chiedere debolmente:
“Davvero?”
“Sì.” asserisce l’altro, veramente convinto “… In fin dei conti, mi darebbe quello che vorrei nella vita: girare, sebbene con uno scopo; una casa, un posto in cui tornare; tu non costretto a seguirmi ma ad aspettarmi, al sicuro, con un tetto sopra la testa e qualcuno accanto e poi… La possibilità di mantenere fede alla mia promessa.” promessa?
“Quale promessa?” domando, non sapendone proprio niente e beccandomi un’occhiataccia proprio dal moro, che mi ricorda, con un velo di disagio, forse per doverlo ribadire ad alta voce:
“Gli ho promesso che sarei stato lontano dai guai.” oh.
“Oh!” quella promessa! “… Quindi dicevi sul serio?” credevo fosse solo un modo per tranquillizzarlo e farsi perdonare, io non…
“Certo che dicevo sul serio!” ribatte, cominciando a scaldarsi “… Io..! Lui..! Ecco..! Dicevo sul serio, fine della questione!” poi torna a rivolgersi al biondo, informandosi:
“Tu almeno mi hai creduto, no?”
“No.” afferma, senza un attimo di tentennamento ed incrociando le braccia al petto “… Nemmeno per un secondo. Ti conosco, non ce l’avresti mai fatta.”
“Beh..!” insiste il primo, dopo un breve periodo di silenzio e ancora chiaramente in difficoltà “… Io comunque dicevo sul serio!” ma che Newt gli creda oppure no non mi è dato capire, dato che il diretto interessato torna a rivolgersi a me, domandandomi:
“È un lavoro pericoloso?” scuoto la testa, rassicurandolo:
“No. Sarà sempre con qualcuno della mia scorta.”
“Quanto tempo starà via?”
“Qualche giorno, una settimana al massimo.”
“Con che frequenza?”
“Dipende dai casi ma, bene o male, la stessa di quando andava in città.”
“E se dovesse succedergli qualcosa lungo la strada, se fosse in pericolo o ferito, io come faccio a saperlo?” cerco di nascondere un sorriso, a causa di Minho che, sottovoce, borbotta:
“Ecco, a questo non avevo pensato.” dato che, invece, è stata forse la prima cosa a cui avevo pensato io.
Infatti, ho la risposta più che pronta e mi basta voltarmi verso la porta per vedere una guardia che mi fa segno che la persona che ho chiamato è già lì. Quindi mi è sufficiente un cenno della mano affinchè entri ed io possa finalmente dare risposta:
“Lui è Aris. È un falconiere.”
“Un che?”
“Un addestratore di falchi. Di solito vengono usati nella caccia ma, con il giusto addestramento, potrebbe portare un messaggio di pericolo e farci ritrovare Minho in poco tempo.”
“Fico.” commenta il diretto interessato, avvicinandosi al nuovo arrivato e, soprattutto, all’animale che porta con sè sul braccio e che, immediatamente, sbatte le ali per cercare di allontanarlo.
“È sicuro?” a replicare a questa domanda, lascio che sia l’esperto:
“Lo sarà una volta che avrà imparato ad interagire con il suo falco.”
“Dai, Newt! Lasciamelo fare!”
“Cos..? Guarda che mica ti serve il mio permesso!”
“Sì, come no! Io lo voglio fare.” afferma e ammetto che la cosa non mi sorprende, cosa che forse non fa nemmeno con il biondo, che immediatamente ribatte:
“E allora fallo!” a questo punto, non mi rimane che metterlo a conoscenza dell’ultimo dettaglio, a bassa voce:
“A dire il vero, sarebbe meglio che anche tu imparassi.” mi guarda confuso, domandando con il mio stesso tono:
“Vuoi che lo faccia anch’io?” scrollo le spalle, per camuffare un no, ma non credo di avere altra scelta.
Mio malgrado, darò loro un motivo in più per legarsi e tagliarmi fuori ancora una volta ma sono pronto a tutto, se questo lo porterà a rimanere con me.
“Servirà.” gli spiego “… Nell’eventualità che a Minho servisse aiuto, qualcuno dovrà sapere come rapportarsi con il suo falco. Sappiamo entrambi che saresti il primo che cercherebbe e saresti il primo a correre da lui.” lancia un’occhiata poco convinta agli altri due, che già discutono dell’argomento, per poi arrendersi:
“D’accordo. Ma se mi cava un occhio, sarà solo responsabilità tua.”
“Ne pagherò le conseguenze.” accetto, prima che il nostro breve dialogo sia interrotto da Minho che, già d’accordo con Aris sul cominciare immediatamente, ci fa un rapido cenno di saluto, per poi uscire dalla stanza.
E Newt ha solo il tempo di sospirare prima che quello torni, affacciandosi alla porta solo per dirgli:
“Ah, io non intendo più andarmene, quindi forse ora nemmeno tu hai motivo per farlo, no?” non lo lascia replicare, allontanandosi in tutta fretta ma permettendomi ugualmente di percepire la sua soddisfazione a tal riguardo.
Ed io, a mia volta, mi sento libero di prendermi il merito di questo, sebbene, non appena torni a dare la mia attenzione all’unico rimasto, è proprio quest’ultimo a nascondersi da me, con la scusa di abbracciarmi, così forte come mai ha fatto prima d’ora.
Confuso e spaventato al tempo stesso, riesco solo a ricambiare la sua stretta e, prima che possa chiedere, è lui a bisbigliare, con la voce rotta:
“Mi dispiace.” ci metto poco a capire:
“Di aver voluto andartene?” di nuovo?
Lasciandomi per la seconda volta senza provare a darmi nemmeno una possibilità?
Annuisce debolmente e, dal modo in cui le sue mani si stringono sulla mia tunica, spero solo di non averlo fatto piangere.
Una parte di me ne sarebbe terribilmente felice, trovando questo il segno di quanto male gli avrebbe fatto separarci ma l’altra… Starebbe male quasi quanto lui.
“Io…” comincia ma, conoscendolo abbastanza da sapere che difficilmente arriverà in fondo, glielo evito, anticipandolo:
“Questa volta non ti avrei lasciato andare restando a guardare senza fare nulla. Avresti potuto immaginarlo.” non reagisce ed io gli lascio qualche momento, prima di indurlo a scostarsi da me così che possa guardarlo e, in risposta ai suoi occhi ancora lucidi, cercare di rassicurarlo:
“E questa è solo una delle tante frecce al mio arco.”
“E, tanto per sapere, quali sarebbero le altre?”
“Beh, per cominciare…” gli prendo il volto tra le mani e, avvicinandoci il mio, soffio:
“Se questo non avesse funzionato, avrei provato questo.” annullo la distanza che ci separa, baciando le sue labbra che, dopo un momento di sorpresa, si schiudono per me.
E, quando ci separiamo, è lui a sussurrare, confuso:
“Questo?” annuisco e, prima di ripete l’azione, gli confermo anche a parole:
“Questo.” baciarlo. Anche a lungo. Fino a ricordargli che lo amo e che voglio che resti con me.
E fino a ricordargli che anche lui ora vuole restare con me.
Altrimenti per quale ragione fare tutto quello che stava facendo?
E la risposta a questo mio interrogativo non può che essere una sola, per la quale continuo, continuo e continuo, fino a sentire la necessità di una maggiore comodità e quindi ad indurlo a stendersi sul letto, dove la situazione prende una piega inaspettata ed io mi ritrovo non solo ad assaporare le sue labbra ma anche tutto il suo corpo.
E, riprendendo le forze mentre lo stringo ancora a me, con la sua schiena ben salda contro il mio torace, cerco le parole con cui giustificare quanto accaduto, ricerca presto interrotta da lui che, mantenendo lo sguardo fuori dalla finestra, bisbiglia:
“È una fortuna che tu non debba arrivare a tanto. Sarebbe una mossa sleale.” mi faccio decisamente più attento e, sollevandomi leggermente, domando:
“Come?” sbatte gli occhi, ripetendo:
“Sarebbe una mossa sleale.” questo l’ho capito, stavo cercando di capire se…
“Intendi… Che non c’è più alcun pericolo che tu te ne vada?”
“No.” afferma, stringendo un braccio sul mio, intorno alla sua vita e sprofondando maggiormente nel mio abbraccio “… Minho non ha più motivo di andarsene, quindi nemmeno io. E, anche se avessi potuto ancora averne, ora non potrei proprio più farlo.”
“Per via di quello che è successo?” accenna ad un sorriso, mormorando:
“Principalmente.” principalmente?
Questo significa che… C’è dell’altro?
Pare di sì e ne vengo messo a conoscenza poco dopo quando, facendomi quasi fermare il cuore, sussurra:
“Ti amo.” ci metto davvero parecchi secondi a reagire, quasi strozzandomi con la mia stessa saliva come riprendo a respirare.
Eppure, nonostante il mio fiato corto, pare non accorgersi di niente e a me non resta che lasciarmi andare ad un lamento, nascondendomi nell’incavo del suo collo.
“E adesso chi è, quello sleale?” piagnucolo, stringendolo un po’ più forte e percependo in risposta la sua sorpresa.
Non gli do spiegazioni ma nemmeno lui fa domande e, dopo diverso tempo in silenzio, è ancora lui a riprendere, mormorando:
“Sai… C’è una cosa che volevo darti…”
“E sarebbe?” mi guarda, replicando semplicemente:
“Chiudi gli occhi.” ne resto sorpreso, tanto da non fare come mi ha detto, così da poterlo osservare alzarsi e, come si accorge che non sto facendo quello che vorrebbe, riprendermi:
“Chiudi gli occhi.” sospiro interiormente, arrendendomi ad assecondarlo e, dopo qualche momento, torna sul letto accanto a me, aggiungendo:
“Allunga la mano.” anche in questa occasione obbedisco e, come in una scena familiare, che ho rivissuto spesso, le sue labbra si appoggiano alle mie, in un dolce tocco delicato.
Quasi come lo ricordavo.
Infine, prima che possa spostare la mano ancora a mezz’aria dietro la sua testa affinchè non si allontani, percepisco qualcosa ricadere su di essa, inducendomi per la curiosità a scostarmi leggermente, irrigidendomi quando vedo nel mio palmo un ciondolo a forma di cilindro legato ad una catenina.
Immediatamente, cerco con gli occhi il suo collo, individuando quasi subito la sua, per la quale reprimo a fatica un sospiro di sollievo.
Mi ha fatto venire un colpo.
“In teoria adesso dovresti essere tu, a baciare me.” mormora e, sollevando lo sguardo, mi accorgo essere ancora in attesa del mio gesto ma, prima che possa reagire e assecondare questa sua richiesta, ci rinuncia, riaprendo gli occhi con un sospiro per stendersi sull’addome accanto a me.
“Scusa, io…” balbetto “… Per un attimo ho creduto che…”
“Fosse quello che mi hai dato tu?” annuisco e, prontamente, replica:
“Impossibile. Non intendo separarmene. Nè ora nè mai. Credevo lo avessi capito.”
“Vuoi dire che… L’avresti tenuto anche se te ne fossi andato?” mi basta la decisione nel suo sguardo per avere la mia risposta: sì.
Infine precisa:
“Non l’avrei usato ma non te lo avrei ridato. Ormai so scrivere anche da solo, quasi.” leggermente a disagio, cerco di cambiare argomento:
“Posso aprirlo?” scrolla le spalle e, chiudendo gli occhi per adagiare la testa alle braccia incrociate, ribatte:
“È tuo, fai quello che vuoi!” non senza emozione, studio l’oggetto in questione, rendendomi immediatamente conto di quanto sia simile al suo, specialmente nella sua costruzione.
Infatti, per avere conferma della sua esistenza, apro alla svelta il secondo vano, dove lui conserva il suo dado e che già so che presto diventerà la sede del mio, e poi quello principale, scovando un bigliettino accuratamente ripiegato.
Non nascondo un sorrisino, pensando che sono davvero apparentemente identici.
“Sai…” mormora, riaprendo gli occhi, mentre io sfilo il foglietto, troppo curioso di sapere cosa vi ha scritto “… Volevo dartelo ancora un sacco di tempo fa. Ma mi sentivo uno stupido, poi mi sono accorto di Minho e… E ho cambiato idea. Per un momento, ho anche pensato che fosse una pessima trovata ma, ora più che mai, sono convinto che sia la cosa giusta.” gli lancio uno sguardo veloce ma, incrociando i suoi occhi, distolgo immediatamente i miei e, vinto dalla curiosità, spiego il pezzo di carta, rimanendo senza parole nè fiato, non tanto dalla scrittura, quanto da quell’unica parola scritta che mi viene sussurrata all’orecchio da lui:
Trovato.” mi dà un bacio sulla guancia, poi uno sul collo ed infine, come se tutto questo non significasse assolutamente nulla, torna a stendersi come prima, aggiungendo semplicemente:
“Appropriato, no?” se è la risposta a quello che ho scritto io…
Oh sì… Senz’altro.
Non vorrei niente di diverso.
Tuttavia, posso solo guardarlo, stupefatto e lui, accennando ad un sorriso, mormora:
“Credo di aver smesso di credere che le coincidenze esistono.” perdo la presa sul biglietto e, istintivamente, non mi trattengo dal chinarmi su di lui, per arrivare alle sue labbra e, con una semplicità disarmante, aiutata dalla sua sorpresa, lo faccio voltare sulla schiena, così da sovrastarlo senza problemi, bloccandogli una mano accanto al volto che faccio intrecciare alla mia.
Ed infine faccio una delle cose mi piace tanto fare con lui: baciarlo a lungo, quanto più a lungo posso, prima di tornare alla realtà e rendermi conto di aver disseminato il suo biglietto da qualche parte sul letto, motivo per il quale mi affretto ad allontanarmi da lui per rimettere tutto insieme, andando a prendere anche il mio dado in modo che l’intero pendente sia pronto per finire al mio collo, dove è il suo posto.
Mi accorgo solo grazie al suo tono del tenue sorriso che deve aver assunto nel chiedermi:
“Posso dedurre che ti sia piaciuto?”
“Altrochè.” sussurro in risposta e, senza dargli tempo di dire altro, mi affretto a tornare da lui, dalle sue labbra, che presto diventano il suo collo quando un fischio da fuori la finestra attira il suo sguardo.
“Pensi che sia sicuro?” bisbiglia, attirando la mia attenzione e mi basta un niente per capire che si sta riferendo a Minho e alla mia proposta di affiancargli un falco.
Ne ho ulteriore conferma quando mi guarda, aggiungendo:
“Pensi che sia sicuro per davvero?” gli bacio la fronte, cercando per quel che posso di rassicurarlo:
“Aris è uno dei migliori. E Minho è tenace abbastanza da resistere a qualsiasi cosa, specialmente se deve farlo per te.” mi induce ad allontanarmi per potermi guardare, domandando:
“Sei geloso?” sì.
Ma, per non confessarlo sentendomi rispondere che ho preso l’ennesima cantonata, la prendo larga:
“Qualcosa te lo fa pensare?”
“Non lo so ma…” ammette, con un’espressione ingenua che mi conferma della sua noncuranza in merito “… Mi sembrava che avessi un tono… Strano, come se avessi…” si interrompe, poi scuote debolmente la testa e accenna ad un sorriso, riprendendo:
“No, scusa. Forse è solo la mia impressione. È che, quando ti guardo, vedo ancora quel ragazzo che ho conosciuto, un po’ distratto e impulsivo, che si è fatto travolgere per investire quello che per lui era uno sconosciuto e…” sorride un po’ di più “… Per me, sei ancora lui.”
“Non il re?” scuote ancora la testa, senza mutare espressione.
“Se pensassi a te come al re, non durerei un giorno, qui dentro. Voglio solo pensare che sei Thomas e che hai cercato in lungo e in largo per me e per un posto in cui poter stare senza farmi mancare niente. E nessuno.” avverto la bocca asciugarsi e mi serve un lungo momento, durante il quale i suoi occhi tornano di nuovo fuori dalla finestra dove volteggia un falco, per trovare le uniche parole che mi sento di rispondergli:
“Non smettere di pensare a me così.” riporta lo sguardo su di me, divertito, che si vela di tenerezza quando dal mio sguardo intuisce il motivo della mia affermazione: solo se lui fa così io posso sentirmi io. Quell’io che ha conosciuto, che si è innamorato di lui quando non sapeva chi fossi, quell’io che lo ama senza costrizioni di sorta. Quell’io che, solo guardandolo, sente di avere un posto dove poter stare per essere se stesso.
Quell’io che si sente amato a dispetto di tutti i suoi pregi e difetti.
Per rafforzare il mio pensiero, non posso che sigillarlo con un lungo bacio, che gli impedisco di interrompere quando viene distratto ancora una volta dai rumori che provengono dall’esterno.
Perchè ora è definitivo: ho trovato chi fa coppia con me e non intendo perderlo di vista.
A costo di cadere entrambi sotto un tavolo.

 
Fine?

Di' la tua ma non chiederci la password! ^^

* Campo obbligatorio

Commenta *