Destino (TMR) – Capitolo V


“Tommy…” chi mi chiama? “… Tommy…” Newt?
Apro con molta fatica gli occhi, dovendoli sbattere più volte prima di poterli mantenere aperti e mi ci vuole qualche attimo per riuscire a metterlo a fuoco, sopra di me.
“Stai bene?” domanda, non appena si rende conto che sono di nuovo cosciente ma anche così ho bisogno di un momento per capire le sue parole.
Infine, lasciandomi andare ad un mugugno di dolore, mi metto seduto, rendendomi conto di essere rimasto steso sulle sue gambe fino ad un attimo fa, e biascico:
“Sì… Credo di sì…” mi guardo intorno, aggiungendo:
“Cosa è successo?”
“Le guardie ci stavano inseguendo, siamo finiti in una scarpata e hai picchiato di nuovo la testa. Non ricordi?” mi prendo qualche attimo per fare mente locale e, focalizzando la sua espressione preoccupata, provo a rassicurarlo:
“No, no… Ricordo. Ricordo tutto.” ricordo molto bene.
Persino la voce di mio zio chiamarmi prima che cadessimo.
“Tommy?” non riesco a rispondergli, distratto dalla nebbia nella mia testa che si dirada, permettendomi di mettere insieme tutti i pezzi del mio puzzle, fino ad ottenere il quadro completo.
Ricordo.
Ricordo la nostra fuga, ricordo il viaggio che stavamo percorrendo, ricordo il tempo trascorso con loro, ricordo quando mi sono svegliato nel loro insediamento, ricordo di aver cercato di fermare un soldato a cavallo che voleva colpire Minho, ricordo…
Ricordo tutto. Ricordo bene.
Ricordo anche fin troppo.
Maledizione…
Porto lo sguardo su di lui, senza sorprendermi dell’espressione apprensiva che ha assunto ma, prima di poterlo rendere partecipe del mio cambiamento, scorgo il modo di tenersi il braccio e, soprattutto, la macchia di sangue sulla manica sotto la sua mano.
“Sei ferito.”
“Non è niente. È solo un graffio.”
“Fammi vedere.”
“Pensiamo alla tua testa, piuttosto.” replica, versando dell’acqua su un pezzo di stoffa, per poi premermelo esattamente nel punto in cui sento più male, strappandomi un sospiro a metà tra il dolore e il sollievo “… Sei sicuro di stare bene?”
“Sì.” ripeto, senza oppormi alla sua cura “… Dov’è Minho?”
“A controllare se ci stanno ancora seguendo. Dopo che hai perso i sensi, ci siamo nascosti. E ora è andato a vedere.” sospira, senza poter nascondere la sua preoccupazione anche per questo, tanto che posso solo mormorare:
“Mi dispiace. Quello che è successo è colpa mia.” scuote la testa, replicando:
“Non dire sciocchezze, tu non c’entri niente.” no, invece…
Quelle guardie… Mio zio in persona… Sono qui tutti per me, sono sparito per un sacco di tempo.
Non riesco a spiegarglielo, non solo perchè improvvisamente me ne manca il coraggio a causa della consapevolezza di quello che questo comporterebbe ma anche perchè vengo anticipato dal ritorno di Minho che, raggiungendoci, commenta:
“Ehy, ben svegliato. Come ti senti?”
“Sono stato meglio.” confesso, non riferendomi solamente alla mia emicrania.
“Ci credo. Certo che hai davvero la testa dura.”
“Non dirmelo.” non si immagina davvero quanto.
“Com’è la situazione?” si informa invece Newt, arrivando subito al dunque e facendo divenire serio l’altro.
“Ci sono ancora delle guardie in perlustrazione, credo che ci stiano cercando. Ma ho trovato dell’acqua e un posto in cui poterci nascondere. Dammi il braccio.”
“Ti ho detto che non è niente.” cerca di tranquillizzarlo, sebbene faccia ugualmente come l’altro vuole, porgendogli l’arto e scoprendo quello che, a prima vista, sembra davvero solo un taglio superficiale che, tuttavia, viene prontamente lavato e bendato.
“Andiamo.” ci esorta poi il moro, rialzandosi “… Non ci conviene rimanere qui, siamo un bersaglio troppo facile.” il biondo è d’accordo ed io non posso oppormi e, alzandomi a mia volta, avverto un capogiro, per il quale mi sento cadere a terra.
Non avviene, dato che vengo prontamente sostenuto da entrambi ed è ancora Newt a chiedere:
“Tommy, sei sicuro di facerla?” agito debolmente la testa, cercando di tornare lucido.
“Sì. Ce la faccio. Non preoccuparti.”
“Non abbiamo molto tempo. Appoggiati a lui.” suggerisce Minho “… Muoviamoci.” non vorrei ma non posso fare diversamente da come indicato, ritrovandomi a scusarmi di nuovo con il biondo per stargli causando anche questa preoccupazione.
Sembra che le mie parole, però, finiscano al vento e che per lui non sia davvero nulla di importante, con il risultato che camminiamo in silenzio fino a raggiungere il posto indicato dalla nostra guida ed io ammetto che è veramente un buon posto dove nascondersi.
Con gli alberi così fitti e tutto questo fogliame, persino le guardie più esperte farebbero fatica ad individuare qualcuno, specialmente se immobile.
Sospiro interiormente.
Non va bene.
“Rimanete qui.” riprende poi Minho “… Io vado a fare ancora un giro di controllo.”
“Minho!” lo riprende il terzo, chiaramente preoccupato ma la risposta è tanto immediata quanto categorica:
“Non preoccuparti. Non starò via molto.” il suo interlocutore sospira, arrendendosi ben presto a fare come vuole l’altro che, quando si è allontanato di qualche passo, seguo, dovendo convincere prima Newt ad aspettarmi per provare a fermarlo.
Fraintende subito il motivo per cui l’ho fatto:
“Resta con lui.”
“Non intendo seguirti.” preciso “… Voglio solo… Chiederti scusa.”
“Per cosa?”
“Per… Avervi trascinato in questa situazione.” Newt per primo.
Scuote la testa, cercando di liquidare in fretta la faccenda:
“Non è stata colpa tua.”
“Pensala così ma…”
“Va bene così, Thomas.” afferma, categorico e lanciandomi uno sguardo eloquente, di chi non ha voglia di discutere “… Se ci fossimo separati, certamente sarebbe ancora più in ansia. E io anche. Quindi… Va bene così, non dire altro. E torna da Newt.”
“Però…” ci riprovo un’ultima volta e quando ribadisce il suo voler che torni dal biondo, non ho alternativa se non obbedire, cercando di trovare un po’ di pace sedendomi accanto a lui sopra un masso e restando in silenzio, sprofondando nei miei pensieri.
È lui a distrarmi, cercando come sempre di consolarmi in qualche modo:
“Non preoccuparti. Minho è in gamba e sono certo che non gli capiterà niente. Tornerà presto.” mi basta lo sguardo di un secondo per capire che sta dicendo quelle parole per convincersene lui in prima persona e questo veramente non mi aiuta affatto.
Glielo taccio ma temo che lo capisca lo stesso, a giudicare dal fatto che cambi argomento, bisbigliando:
“Sai, prima… Stavo cercando di dirti una cosa.”
“Del tipo?” domando, istintivamente, nonostante non sia sufficientemente concentrato per ascoltare davvero ciò che ha da dire.
Devo prima trovare una soluzione a tutto questo.
Devo riuscire a contattare mio zio.
Ma come?
“Tommy… Sei sicuro… Di stare bene?” mi volto leggermente nella sua direzione e, guardandolo, mi rendo conto di quanto possa essere difficile per lui questa situazione, dettaglio che mi convince ad accantonare almeno una parte dei miei pensieri.
Pensiamo prima a lui…
“Sì… Scusa…” mormoro “… È che questa situazione non mi tranquillizza molto.”
“No.” ammette “… Nemmeno a me.” lo vedo.
Infatti provo ad essere io, per questa volta, a distrarlo:
“Prima mi stavi dicendo una cosa. Che cosa c’è?” indugia per qualche attimo, prima di mettermi a conoscenza:
“So che non è il momento più adatto ma io… C’è una cosa che voglio darti.” mi faccio più attento, per non dire incuriosito, tanto da girarmi del tutto.
“E sarebbe?”
“Chiudi gli occhi e allunga la mano.” così faccio, essendo forse per entrambi il modo migliore di distrarci, tentando almeno per un momento di smettere di pensare ad una soluzione semplice ed immediata, anche se so di non poter rimandare ancora a lungo l’inevitabile.
“Però…” soffia, facendomi voltare appena un po’ di più il viso “… Se ti metti così, è meglio.” confesso di non capire ma rimango comunque in attesa di questo suo dono, che sembra giungere poco dopo quando appoggia una mano chiusa sulla mia.
Non la apre, al contrario sono le sue labbra che, facendomi venire un colpo, si appoggiano alle mie.
Istintivamente sobbalzo, completamente colto di sorpresa, ma resisto alla tentazione di tirarmi indietro, cosa che non riesco a fare con il riaprire gli occhi, rendendomi conto che è reale e che l’ultima cosa che voglio è proprio quella che si allontani.
E, come percepisco il suo ripensamento, abbasso immediatamente le palpebre, senza perdere un solo istante per ricambiare il suo gesto, impedendogli così di interromperlo.
Al contrario.
Voglio che continui…
Invece non riusciamo ad andare avanti a lungo, dal momento che mi distraggo subito nel momento in cui apre la sua mano, lasciando ricadere qualcosa nella mia, troppo curioso di scoprire di cosa si tratta.
Vedo un dado, un dado che riconosco dopo un secondo di riflessione e per il quale il mio cuore manca un battito e tutto quello che sta accadendo non mi sembra proprio vero.
E la mia risposta, a questo e al fatto che non ha minimamente cambiato posizione come in attesa che questa volta sia io a baciarlo, non può che essere quella di assecondare la sua muta richiesta, tornando immediatamente alle sue labbra, che bacio, in quel modo in cui ho fantasticato di fare per giorni.
Pare che non sia un problema ed io, nel momento in cui porta due dita all’angolo del mio viso, mi ritrovo a socchiudere gli occhi, guardandolo da vicino per una manciata di attimi, prima di richiuderli, abbandonandomi completamente a questo contatto.
E, di nuovo, quando siamo costretti ad allontanarci, questa separazione dura il minimo indispensabile, prima che sia io, ancora, ad annullarla, spingendomi verso di lui, non riuscendo proprio a farne a meno e senza una sola parola.
Dopotutto… Credo che non ce ne sia alcun bisogno.
Penso che sarei potuto andare avanti tutta la vita, se non fosse per un rumore in lontananza che mi riporta alla realtà, facendomi sobbalzare e scattare con lo sguardo nella direzione da cui proviene, senza vedere niente e nessuno, al contrario di lui che, invece, si volta dalla parte opposta a dove sto guardando, a testa bassa.
Torno verso di lui, magari con l’intenzione di baciarlo di nuovo, ma un secondo rumore, come di un ramo che si spezza, ricattura la mia attenzione e, questa volta, anche la sua, in modo che entrambi possiamo vedere Minho che, senza poter celare del tutto il suo imbarazzo, mormora:
“Non volevo interrompere…”
“No…” provo a rassicurarlo, subito fermato da Newt che, invece, fa finta di niente:
“Com’è la situazione?”
“Le guardie ci stanno ancora cercando e stanno venendo in questa direzione. Dobbiamo andarcene.” non riesco a parlare, dando quindi loro la possibilità di attuare quanto appena proposto e, dopo aver aiutato il biondo a rimettersi in piedi, ci spostiamo, raggiungendo in breve una zona in cui gli alberi formano un’insenatura perfetta per nascondersi.
Ci sistemiamo lì e, nell’arco di poco, Minho va ancora a controllare come vanno le cose ed io, dovendo fare qualcosa, lo seguo, nascondendomi istintivamente quando una guardia ci passa a pochi metri di distanza.
“È strano.” mormora il mio vicino “… Perchè così tanta ostinazione?” a lui non posso proprio tacere:
“Stanno cercando me.” mi lancia un’occhiata confusa di un attimo, ribattendo:
“Non puoi esserne sicuro.”
“Invece lo sono.” affermo, facendolo voltare di nuovo verso di me e, sostenendo il mio sguardo per alcuni secondi in più, capisce in parte che cosa intendo:
“Tu… Ti ricordi?” annuisco ma sembra comunque non essere sufficiente, dal momento che si affretta a liquidare la cosa:
“È comunque assurdo. Che cosa potresti mai aver fatto di tanto male da avere alle calcagne mezzo esercito reale!”
“Non è tanto quello che ho fatto.” quanto chi sono.
Chi sono davvero.
Lancio uno sguardo a Newt, abbastanza lontano da noi da non sentire niente.
Maledizione…
Mai avrei creduto che la mia identità mi sarebbe pesata tanto.
“Senti Thomas. La tua storia mi interessa, davvero. Ma non credo che sia il momento migliore per parlarne.”
“Però…” insisto un’ultima volta, sperando che magari, parlandone con qualcuno, possa saltar fuori una soluzione.
Eppure, anche questa volta il destino sembra essere contro di me, stando al fatto che le mie parole vengono presto troncate dal richiamo di un soldato che, facendo irruzione alle nostre spalle con altri due compagni, segnala la nostra posizione ed in breve ci ritroviamo non solo circondati senza alcuna via di fuga ma impossibilitati, io e Minho, a raggiungere Newt.
Maledizione!
Non avendo alternative, faccio l’unica cosa che mi viene in mente di fare, parando l’unico che posso proteggere e intimando agli altri, non appena muovono il primo passo con tutto l’intento di prenderci:
“Fermi.” quello di fronte a me non obbedisce, avanzando ancora di un passo ed io, facendo altrettanto, ribadisco:
“Ho detto fermi.”
“Fermati, stupido!” lo blocca il suo vicino ed io non posso impedirgli di svelare la mia identità:
“Non lo hai riconosciuto? È il principe!”
“Principe?” fa eco Minho, sottovoce e anche un tantino sconvolto, a cui segue anche Newt che, come temevo, ancora più sconvolto e con lo sguardo fisso su chi ha parlato, sembra prenderla ancora peggio:
“Il principe… Thomas?”
“Il principe Thomas, certo!” lo riprende la guardia che gli sbarra la strada, assestandogli una possente gomitata nel costato che lo fa cadere a terra “… Quanti altri principi conosci?” a questo gesto, non posso impedire a Minho di partire di corsa verso la coppia e, con una spallata, caricare l’uomo, facendo finire anche lui al suolo e scatenando così il tentativo di rappresaglia degli altri soldati presenti che, di nuovo, cerco di fermare, ripetendo ancora una volta:
“Ho detto fermi!” lo fanno ma solo grazie ad un’altra voce che si sovrappone alla mia:
“Che sta succedendo?” subito dopo, il suo proprietario fa la sua comparsa ed io non freno un sospiro di sollievo, raggiungendolo immediatamente:
“Zio Janson!”
“Thomas!” esclama a sua volta e ammetto di restare molto sorpreso di finire nel suo abbraccio, nel quale mi stringe, aggiungendo:
“Finalmente ti ho trovato. Sei sparito tre giorni prima del tuo fidanzamento, Teresa è preoccupatissima per te.”
“Mi dispiace.” non era mia intenzione star via tanto nè far preoccupare qualcuno…
“Adesso ti riporto a casa.”
“Aspetta, zio.” provo a fermarlo, voltandomi verso i due ragazzi non molto distanti da me “… Loro…”
“Avranno la punizione che meritano.”
“No, non hai capito. Loro sono… Miei amici.” uno anche qualcosa in più “… Sono stati loro a prendersi cura di me per tutto questo tempo. Non permettere che facciano loro del male.” mi guarda per qualche secondo, infine annuisce, limitandosi però a fare un cenno agli uomini che non riesco ad interpretare, prima di tornare a rivolgersi a me, esortandomi:
“Forza, torniamo a casa.” non ho alternative e non dobbiamo camminare a lungo prima di giungere ai cavalli.
Salgo insieme a mio zio e non posso evitare di controllare cosa ne è dei miei compagni che, con poca delicatezza, vengono fatti salire anche loro insieme ad altri due uomini, prima di prendere la direzione della capitale, per tornare a casa.
Casa mia.

 
Continua…

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