Destino (TMR) – Capitolo IV


“Ehy, pivello!” mi chiama Minho, raggiungendomi “… Sei pronto?”
“Sono pronto.” dichiaro, guardando Newt che, dal canto suo, mormora solamente:
“Fa’ attenzione.”
“Non preoccuparti.” affermo e, accorgendomi dello sguardo che lancia al suo “amico”, mi affretto ad aggiungere:
“Baderò io a lui.” mi guarda sorpreso, poi si mette a ridere.
“Bada prima a te stesso, Tommy! Lui è in grado di cavarsela anche da solo!” eppure questa volta non mi tiro indietro, ribadendo:
“Dico sul serio. Te lo riporterò, a qualunque costo. Credimi.” smette di ridere, sebbene un sorriso intenerito aleggi ancora sul suo viso, anche mentre sussurra:
“D’accordo, allora. Ti credo. Ma tu sta’ attento lo stesso. E se vedi un cavallo, togliti dalla sua traiettoria prima che ti travolga.” annuisco ma non posso aggiungere altro, anticipato da una pacca sulle spalle da parte di Minho, che mi esorta:
“Andiamo.” rispondo anche a lui con un cenno affermativo del capo, dopo il quale raggiungo il gruppo che si è formato, lasciando i due rimasti soli a bisbigliare tra di loro e ben immagino quello che potrebbero starsi dicendo: “Mi raccomando, Minho. Fa’ attenzione.” “Non preoccuparti, Newt. Non farei mai niente che possa farti preoccupare. Vedrai, tornerò certamente da te.”.
Scuoto mentalmente la testa, prima che il mio sguardo si porti su Gally e la rivelazione di ieri del moro torni come un’eco nella mia testa, facendomi sospirare e scuotere la testa, questa volta sul serio.
Mi sento preso in giro.
“Ehy, pivello!” mi riprende il mio avversario di ieri “… Vedi di stare concentrato e fuori dai piedi.” lo ignoro e presto veniamo raggiunti anche dall’ultimo mancante, che ci guida verso la città più vicina.
Durante il tragitto, non mi risparmia le sue raccomandazioni riguardanti il fatto di stargli sempre vicino e di darmela a gambe qualora le cose si mettano male ed io mi sforzo di non rispondergli che non ci penso neanche, a scappare.
Non so perchè, ma sento che non è nella mia natura.
Malgrado ciò, rimango in silenzio, seguendo le sue direttive per tutto il percorso e, anche in città, ascolto prima qual è il suo piano per sgraffignare delle provviste per il viaggio, approfittando dell’unico momento in cui mi perde di vista per appropriarmi di un po’ di farina e, soprattutto, fare una visita non autorizzata dal fornaio, dal quale mi ritrovo costretto a scappare non appena mi scopre.
Tuttavia non sono il solo ad essere inseguito e, in breve, ci ritroviamo alle calcagna alcuni degli abitanti insieme ad un paio di guardie che, però, ci inseguono solo fino ai margini del bosco, fermandosi quando mi volto nella loro direzione, con tutto l’intento di fronteggiarli, almeno fino a quando vengo strattonato per la tunica da Minho che, rimproverandomi, mi impone di venire via.
Una volta al sicuro, infine, continua a riprendermi, rimproveri che interrompo alla svelta chiedendo a bruciapelo:
“Perchè si sono fermati? Perchè non ci hanno inseguiti?” erano a cavallo, non ci avrebbero messo molto, a raggiungerci e a catturarci tutti.
Si ferma e, dopo un momento di incredulità, si limita a rispondermi:
“Fanno spesso così. Probabilmente non valiamo la pena di essere presi.”
“Sì ma…” insisto “… L’hai visto anche tu, no? Mi ha guardato e si è fermato!” perchè? Forse mi conosce!
“Thomas!” mi zittisce “… Fanno sempre così, non c’è una spiegazione! Per loro non valiamo niente, siamo solo dei cani che scappano quando li vedono!” mi dà una pacca sul braccio e, calmandosi, conclude:
“Torniamo all’accampamento. Alby e gli altri ci staranno aspettando.” non posso controbattere, rassegnandomi a fare secondo il suo volere.
A destinazione, consegnamo la refurtiva a chi di dovere ed io tengo per me quanto preso dal fornaio, andando in cerca di Newt, in cerca di un po’ di consolazione.
Lo trovo facilmente, complice il fatto di sapere che sarà lui a cercare Minho e che questo lo porterà sulla mia strada.
Si ferma davanti a me, accogliendomi con un sorriso per chiedermi:
“Come è andata?” vorrei rispondere “male” ma, guardandolo, la mia frustrazione si attenua ed io mi ritrovo a scherzare:
“Non sono stato travolto da niente e Minho è sano e salvo.” si mette leggermente a ridere, replicando:
“Meno male.” lo osservo per un lungo momento, chiedendomi come può fare quell’espressione con il suo passato alle spalle.
Poi la spiegazione giunge da sola e anche abbastanza facilmente, soprattutto quando ripenso all’espressione di quella sera della festa: non ci pensa. E fino a quando si sforza di non farlo, va tutto bene.
E, per aiutarlo in questo, lo informo:
“Ho una cosa per te.” si fa curioso, mormorando:
“Spero non siano altri dadi.” scuoto la testa, rassicurandolo:
“Qualcosa di meglio.” spero.
Gli mostro il mio bottino nascosto, lanciandogli un panino alle olive che, se prima lo lascia un tantino sorpreso, poi lo porta a sorridere e, soprattutto, a ringraziarmi, facendomi sentire, per la prima volta da quando lo conosco, di non aver sbagliato.
Non questa volta.
Poi però arriva la solita raccomandazione:
“Non avresti dovuto allontanarti da Minho, però. Sarebbe potuto essere pericoloso.” ma anche a questo, questa volta, so rispondere prontamente:
“Non si ripeterà.” suppongo che mi creda, a giudicare dal modo in cui sorride.
Infine se ne va, a causa degli ultimi preparativi da organizzare per il nostro spostamento ed io, alzando gli occhi al cielo, non sono affatto certo che sia la soluzione migliore per me.
Sento che, se me ne vado… Non scoprirò mai chi sono.
Ed io… Voglio saperlo.
Devo saperlo!
Voglio che la mia memoria torni presto.
Il più presto possibile.

 
“Ci siamo tutti?” domanda Alby, ottenendo un unico coro di assenso “… Allora in marcia!” obbediamo, mettendoci in cammino dietro i suoi passi, verso est, in direzione di quello che diventerà il nostro nuovo insediamento momentaneo.
Mi guardo intorno, accorgendomi di come tutti abbiano preso sul serio questo viaggio, rendendomi subito conto di un dettaglio non insignificante.
Guardo Newt, accanto a me, domandandogli:
“Dov’è Minho?”
“In fondo alla comitiva.” mi spiega, come se fosse ovvio.
“In fondo?” annuisce “… Perchè?” mi guarda ed io preciso:
“Nel senso… Perchè non è accanto a te?” da come mi è stato presentato, sarà un viaggio lungo e difficile.
Dato il loro stretto rapporto, mi aspettavo che fosse presente ad ogni singolo passo, per qualsiasi evenienza.
Non devo pregare molto per avere una spiegazione, che, di per sè, è anche piuttosto logica:
“Minho è uno dei più forti. Sta in fondo per proteggere il gruppo da un attacco alle spalle.” il gruppo o… Lui?
Non chiedo, già conoscendo la risposta.
“E a te sta bene?” domando stupidamente.
“No di certo. Ma lui preferisce così.” lo osservo un lungo momento, alla ricerca di qualche cosa da dire, che non trovo affatto, attirando però lo stesso la sua attenzione, tanto da chiedermi:
“Che c’è?”
“Niente.” mento, tornando a guardare avanti, sebbene questo non gli faccia distogliere lo sguardo da me.
“Tommy…” inizia, interrompendosi un momento per poi chiedere:
“Ti ha raccontato di me. Vero?” sono ben pronto a giurare il falso ma, guardandolo, specchiandomi nella sua espressione di chi sa esattamente quello che sta dicendo, non ci riesco, confessando:
“Già…” sospira ma, prima che possa aggiungere qualsiasi cosa, mi affretto ad informarlo:
“Ma non stavo pensando esattamente a quello!”
“E a cosa, allora?” rifletto un momento, non avendo proprio il coraggio di rivelare che la mia unica preoccupazione è continuare a vederlo sorridere, quindi provo a riportare la discussione su un argomento a cui, certamente, tiene di più:
“Pensavo a quale potesse essere la sua storia.” anche questa volta non mi crede ed io lo capisco dalla sua espressione scettica, a causa della quale mi giustifico:
“Mi ha accennato qualcosa ma non è entrato molto nei dettagli. Quindi mi chiedevo quanto…”
“Abbiamo in comune?” annuisco appena e lui, sospirando, mormora:
“Non dovrei essere io, a dirtelo.” già, mi sembra di aver già sentito una frase simile…
“Lui l’ha fatto con te.” gli ricordo, sperando di cavarmela “… E poi, voglio solo capire.”
“Capire cosa?”
“Cosa ti attira tanto di lui.” spiego, rendendomi conto troppo tardi di quanto la mia affermazione possa essere fraintendibile.
Non che ci sia molto da fraintendere, comunque…
“Sai, Tommy…” commenta, anticipando la mia riformulazione “… A volte mi sembra che tu… Abbia colossalmente frainteso il rapporto che c’è tra me e Minho.” studio bene queste parole, cercando di comprenderne il senso il più a fondo possibile.
“Vuoi dire..?” azzardo “… Che fra voi due non c’è niente?”
“Cosa dovrebbe esserci?” domanda e la risposta la ottiene dal mio sguardo.
“Affatto!” esclama, quasi offeso “… Ti ho detto che Minho è come un fratello, per me! È la mia famiglia e..!”
“Ed è la cosa più importante per te.” ricordo molto bene queste sue parole.
“Questo è vero ma..! Non significa quello che pensi, stupido!” stupido? “… Come ti viene in mente un’idea simile, vorrei sapere!”
“Non avete legami di sangue, quindi io…”
“Quello non conta!” mi interrompe, seccamente ed io, d’istinto, non posso che scusarmi, ammettendo che non era di certo mia intenzione farlo arrabbiare.
Poi mi rendo veramente conto del significato delle sue affermazioni e del motivo del suo disappunto e, accorgendomi che tutto questo significa che ho ancora una possibilità, non riesco a nascondere un sorrisino, sebbene ci provi con tutto me stesso.
“Quindi ho frainteso?” riassumo, per avere conferma.
“Sì.” afferma, risoluto ed io combatto contro me stesso per non lasciar trasparire la mia vera espressione, di cui temo si accorga ugualmente, dal momento che domanda:
“E ora perchè sorridi?” rispondo la prima cosa che mi viene in mente:
“Perchè sono contento di aver chiarito questo malinteso con te.” non sembra convinto ma non insiste, dandomi quindi la possibilità di porgli un’altra domanda:
“Come hai fatto a capire quello che mi ha raccontato?” mi lancia uno sguardo veloce, poi torna a guardare avanti, replicando semplicemente:
“Lo conosco. L’altro giorno sei sparito tutto il giorno con lui e… E… E lo conosco, ecco tutto.”
“Non voleva fare nulla di male.” lo difendo, riottenendo il suo sguardo per me, affermando poi, per una volta senza significati nascosti:
“Forse anche questo è il suo modo di proteggerti.” credo che Minho abbia capito ciò che provo per Newt e che mi abbia raccontato la sua storia affinchè io sappia fin dove spingermi e dove fermarmi, per non toccare punti che potrebbero fargli ancora male.
“Non è così.” mi disillude, tornando a guardare avanti “… Lui… Non è tipo da queste cose. Se vuole proteggermi, ti fa un occhio nero. Se lo ha fatto, il motivo è un altro.”
“Ovvero?”
“Credo che volesse… Dimostrarmi una cosa.”
Una cosa cosa?” apre la bocca, come se volesse rispondere, poi la richiude, rimane in silenzio qualche momento ed infine sospira, chiudendo la questione:
“Quando sarà il momento.” mi arrendo a mia volta, lasciando cadere il discorso ma lascio passare solo qualche passo prima di farmi avanti di nuovo:
“Quindi non mi racconti?” mi guarda confuso ma, quando capisce a cosa mi riferisco, non frena un sorriso, provocandomi:
“Non ti arrendi mai, eh?”
“No.” specialmente se si tratta di lui “… È che voglio capire per davvero il tipo di legame che vi unisce. Per non fare altri danni.” ci pensa su alcuni attimi, infine mi accontenta:
“Va bene, ma non dirgli che te l’ho detto. Lui… Non ne parla molto.” come credo un po’ tutti, immagino “… Che cosa ti ha detto, di preciso?” gli racconto quello che so ma non sembra stupirsi di quanto riduttivo sembra essere ed io non mi sorprendo di sentirlo bisbigliare, più a se stesso che a me:
“Lo immaginavo…” poi mi fissa e, con un’espressione seria, mi avverte:
“Ascoltami bene: come ti ho appena detto, lui non ne parla molto. Non gli piace parlarne e non gli piace che la gente ne parli. Quindi, se ti lasci sfuggire qualcosa, ti taglio la lingua. Siamo intesi?” annuisco istintivamente “… Bene. Sai già di sua madre e di sua zia, immagino che quello che tu voglia sapere è cosa ha fatto da lì a quando ha incontrato Alby.”
“Anche come vi siete legati tanto.” anche se, forse, questo ormai lo aveva capito.
“Quando ci conoscemmo…” comincia, lanciandosi una veloce occhiata intorno per poi fermare lo sguardo di fronte a sè “… Mi faceva paura. Era sempre aggressivo e picchiava chiunque si avvicinasse. Poi scoprii che quello era l’unico modo che conosceva per vivere. Dopo che fu abbandonato, fu raccolto da un gruppo di strada.” non so come prendere il suo cambio di tono, che si vela di rabbia e disprezzo e che, un po’, mi fa pentire di avere chiesto “… Viste le sue origini, quei bastardi lo costrinsero per anni a… Esibirsi, come dicevano. In realtà lo facevano combattere. Combattere! Un ragazzino! Contro..!” si interrompe, scuotendo la testa e, forse, credo di doverlo ringraziare, specialmente quando il suo tono si placa leggermente “… Ad ogni modo, provò a scappare. Due volte. Quando lo scoprirono la seconda volta, gli spezzarono entrambe le gambe e lo abbandonarono sotto un ponte. Per fortuna trovò Alby. Quando ci conoscemmo, stava ancora guarendo. Eppure, continuava a correre da una parte all’altra, non stava mai fermo. E picchiava tutti quelli che si avvicinavano. A Gally manca un dente proprio per questo.”
“Poi, però, ha incontrato te.” commento, non trovando altra spiegazione al cambiamento della persona in questione.
Accenna ad un sorriso, perso nei suoi ricordi, confermando:
“Già. Alby lo diceva spesso. I primi tempi, l’idea di avvicinarmi a Minho era… Impensabile. Fu Alby a spiegarmi che il suo essere aggressivo era l’unico modo che conosceva per farmi capire che ero al sicuro e che nessuno mi avrebbe più fatto del male. Eppure, io non mi fidavo. Mi ci vollero dei mesi, per riuscire a rivolgergli la parola e altrettanti per fargli capire che il suo comportamento non era necessario. Eppure, lui non cambiò. Lo fece solo quando fui in grado di dimostrargli che ero in grado di cavarmela da solo. Alby dice spesso che io e lui siamo quello che siamo solo grazie al fatto di esserci incontrati ed educati a vicenda. Altrimenti, chissà cosa saremmo adesso…”
“Stando a quello che mi hai detto, sembra proprio così.” torna di colpo alla realtà, guardandomi per un secondo come se si fosse dimenticato di me ed infine abbassa lo sguardo, esclamando:
“Ho parlato anche troppo!”
“Affatto.” ora ho ben chiaro tutta la situazione e posso con certezza dire che:
“Sembrate più di due fratelli.” mi guarda confuso ed io cerco in qualche modo di spiegargli il mio punto di vista:
“Non ricordo se ne ho.” non ricordo proprio la mia famiglia, se non per quella voce maschile che, una volta ogni tanto, lontanamente chiama il mio nome “… Ma so che i fratelli non si scelgono. Ti prendi quello che hai e non puoi cambiare. E non sempre ti va bene. Voi due, invece, vi siete scelti. Vi siete scelti e, qualsiasi cosa accada, potete contare uno sull’altro. Non vi volterete mai le spalle. E credo che questo… Sia raro anche per due fratelli.” rimane in silenzio per un lungo, lungo momento, ma prima che io possa chiedergli di dire qualcosa, veniamo raggiunti dal soggetto della nostra discussione, che finisce definitivamente con il suo arrivo, senza riprendere nemmeno quando torna in fondo alla carovana, dopo essere semplicemente passato a vedere se andava tutto bene, confermandomi ancora una volta la solidità del loro rapporto.
Rapporto che invidio.
Invidio davvero.
E, nei due giorni di cammino successivi, con la possibilità di vivere da molto vicino questa situazione, mi tolgo definitivamente ogni dubbio riguardo le mie stesse parole, nonostante mi ritrovi sempre più spesso a chiedermi se davvero posso ancora pensare di avere una possibilità con Newt, se sia giusto che io abbia una possibilità, eventualità che non voglio escludere definitivamente ogni volta che il mio sguardo incontra il suo.
Non voglio…
A costo di illudermi, voglio sperare che possa diventare mio, un giorno.
Senza che questo intacchi il suo rapporto con Minho, ovviamente.
“Tommy!” sobbalzo, tornando alla realtà “… Mi stai ascoltando?” guardo il soggetto dei miei pensieri, cercando qualcosa con cui rispondere che non sia la verità e, tutto quello che trovo è uno stentato e falsissimo:
“Certo.”
“Allora perchè avevi l’espressione di uno che pensava ad altro?” a questo non ho la prontezza di mentire, ritrovandomi a confessare:
“Stavo fantasticando.” di baciarlo.
Esattamente come ieri. E stamattina. E poche ore fa. E qualche minuto fa.
“Ti sta tornando in mente qualche ricordo?” no “… Questo posto ti è in qualche modo familiare?”
“Affatto.”
“Sei stanco? Forse non sei abituato a camminare a lungo.” di questo sono abbastanza sicuro ma…
Mi rendo conto di averlo detto ad alta voce nel momento in cui afferma:
“Dico ad Alby di fermarsi.”
“No!” esclamo immediatamente, afferrandolo prima che possa allontanarsi e, se il mio intento era quello di farlo per un polso, riesco solo con la sua mano, ottenendo ugualmente il mio obiettivo e il suo sguardo sorpreso.
“Non serve.” lo rassicuro “… Ce la faccio.”
“Sei sicuro?” annuisco, affermando:
“Non voglio essere di peso a nessuno.” sembra rinunciare all’idea di raggiungere il capofila e, come lo capisco, lascio la sua mano per poterlo affiancare di nuovo, senza che questo cancelli del tutto le sue preoccupazioni per me.
Infatti, porta avanti la borsa che porta in spalla e, dopo averci frugato dentro, mi porge un pezzo di cibo, invitandomi a servirmene, per poi fare altrettanto con la sua borraccia dell’acqua, senza rendersi affatto conto che questo suo atteggiamento proprio alimenta quei sentimenti che non so ancora gestire.
Soprattutto ancora a causa di quella nebbia che vela la mia identità e che, ora più che mai, rappresenta un vero e proprio ostacolo.
Poi, però, mi tornano in mente le sue parole di qualche giorno fa, con le quali mi ha messo a conoscenza dell’importanza per lui nulla di sapere chi sono e che, in questo momento, mi spingono ancora di più a farmi avanti, se non temessi di ricevere un categorico rifiuto che potrebbe compromettere quel legame che si sta creando tra di noi.
Eppure… Voglio sapere.
Ciononostante, rimando ad un futuro prossimo qualsiasi decisione e per fortuna, oserei dire, dal momento che, nell’arco di un paio d’ore, quello che sembrava essere il consueto cammino tranquillo viene disturbato da un grido, coperto dal galoppare di alcuni cavalli.
Istintivamente, mi volto verso i rumori, riconoscendo immediatamente la stessa uniforme di quegli uomini che ci hanno inseguito al villaggio:
“La guardia reale.”
“Corri.” mi esorta il mio vicino, tirandomi per un braccio, sebbene mi sia più che chiaro che, anche se è quello che dobbiamo fare, è lui il primo a non essere sicuro di volerlo fare.
Il motivo mi è più che chiaro nell’espressione con cui cerca una persona ben precisa in fondo al gruppo, che ormai si sta disperdendo, permettendoci di individuarlo ad un centinaio di metri da noi, alle prese con una coppia di cavalieri che gli girano intorno.
E, ancora per istinto, mi ritrovo a correre ma, al contrario di farlo nella direzione dove è più logico trovare un nascondiglio, lo faccio in quella del gruppo, inseguito dalla voce di Newt:
“Tommy, cosa..?!” non ho tempo di spiegargli, trovando più utile raccogliere un sasso che, quando sono sufficientemente vicino, lancio contro una delle due guardie, riuscendo a colpirla prima che termini di estrarre la spada, immagino con l’intento di usarla per fermare Minho.
Attiro così l’attenzione del suo compagno, che si distrae di quel momento che serve a me e a Newt, che deve avermi seguito, per raggiungere l’ultimo rimasto, completamente confuso dalla nostra presenza e travolto dall’amico, che ferma la sua corsa solo quando riesce ad aggrapparsi alla sua tunica.
“Che state facendo?” ci riprende, spostando immediatamente il biondo alle sue spalle “… Dovete scappare!” sono d’accordo con lui ma sottolineo la mia condizione:
“Non senza di te.” non ribatte ed io colgo al volo l’occasione per dargli una spinta verso il bosco, aggiungendo:
“Di là.” sembra aver pensato la stessa cosa e, assicurandosi che Newt gli sia sempre davanti, fa come ho detto, seguito da me, che mi volto solo quando sento una voce urlare:
“Mio signore, per di qua!” mi basta un’occhiata, nemmeno necessaria, per rendermi conto che a quel richiamo l’intero schieramento si dirige verso di noi, capeggiata da un uomo di cui però non vedo il volto, dettaglio che mi fa indugiare.
“Thomas!” mi chiama Minho, afferrando la mia maglia e tirando “… Non fare lo stupido, vieni via!” lo assecondo, correndogli dietro per il bosco, cercando riparo tra gli alberi che si infittiscono ma controllando di non perdere di vista nessuno dei due.
Questo non sembra fermare i nostri inseguitori, che continuano a starci alle calcagna fino a spingerci verso un pendio ed io, prima di caderci dentro, sento solo in lontananza una voce maschile chiamare il mio nome.
Una voce maschile… Che mi suona così familiare.

 
Continua…

Di' la tua ma non chiederci la password! ^^

* Campo obbligatorio

Commenta *