Destino (TMR) – Capitolo II


Ma la mia memoria non pare intenzionata a collaborare e, un po’ più tardi, quando il sole è ormai sceso definitivamente, la mia frustrazione non è scomparsa con lui e aleggia ancora intorno a me, più pesante che mai dopo la sonora sconfitta che subisco per la quinta volta da parte di Gally e che mi fa sentire con il morale ancora più a terra.
Per non pensarci, mi concentro sul gioco che intessano i ragazzi con un paio di dadi rubati quella mattina in città, prima che Minho venisse ferito (altrimenti, a detta di Alby, se lo potevano proprio scordare) e nel quale vince chi fa doppio numero, con risultati alquanto scadenti.
Eppure tutti paiono divertirsi, persino io, almeno fino a quando, lanciando uno sguardo a Minho per studiare come sta vivendo la serata, mi accorgo dello sguardo che lancia verso il fondo della tenda e, seguendolo, non mi sorprendo tanto di scorgere Newt appoggiato ad un palo con un bicchiere in mano, bensì della sua espressione per nulla partecipe.
Riporto gli occhi sul primo, poi di nuovo sul biondo ed infine ancora sul moro, che ora ha distolto il suo per tornare a seguire il gioco, approfittando immediatamente del suo apparente non voler fare niente per raggiungere l’altro ragazzo, informandomi:
“Non ti diverti?” accenna ad un sorriso, finto persino per me, mentendo:
“No, invece.”
“Eppure la tua espressione dice il contrario.” affermo, fissandolo e lui, dopo aver sostenuto il mio sguardo un istante, sospira, smettendo di fingere e giustificandosi:
“Non mi piacciono molto i dadi, tutto qui.” vorrei chiedere se è per via di Minho ma, non volendomi tirare la zappa sui piedi da solo, provo a girarci intorno:
“Come mai?” indugia un momento, poi sospira e replica:
“Sai come si dice, no?”
“No.” ne resta sorpreso, poi sorride ed infine, finalmente, mi spiega:
“Non ricordi nemmeno questo? Si dice che le persone vengano create a coppie e che il loro creatore poi si diverta a lanciarle nel mondo come due dadi su un tavolo.” si interrompe ma non oso chiedere oltre, attendendo che sia lui a farlo, percependo la mia curiosità in merito a cosa c’entri questo con la serata “… Se una persona è fortunata, finisce vicino all’altra. Nella maggior parte dei casi, finisce più lontana e deve camminare a lungo, per ritrovarla. E a volte… Uno dei due dadi, invece, cade dal tavolo e ci finisce sotto. E si perde.” lo studio in silenzio per un lungo momento, cercando di mettere insieme tutte le informazioni che ho su di lui.
Poi, trovando io per primo la mia affermazione assurda, azzardo ugualmente, giusto per togliermi il dubbio:
“Non penserai di rientrare in questo caso. Vero?” mi basta l’espressione con cui mi guarda per avere una risposta affermativa, che mi lascia in silenzio una manciata di secondi, senza le parole per contraddire questa sua idea che, tuttavia, mi conferma anche a parole, probabilmente di fronte al mio stupore:
“Tu non sai molto di me, eh?”
“No, questo è vero…” lui non sembra intenzionato a farsi conoscere più dello stretto necessario e le uniche persone che avrebbero potuto darmi delle risposte in più si sono sempre rivelate molto discrete (anche fin troppo) “… Però… Una cosa la so.” e non solo che chiunque sarebbe fortunato ad averlo per sè.
Mi fissa scettico, commentando:
“E sarebbe?” prima di tutto che questo significa che il suo rapporto con Minho forse non è della natura che credevo e questo, sempre forse, mi può aprire una strada.
“Un tavolo non è poi così grande.” oltre al fatto che, non so perchè, ma sento di essere una vera forza della natura, con i dadi.
Approfitto della sua confusione per togliergli il bicchiere di mano e, dopo averlo appoggiato al tavolo lì vicino, lo prendo per un polso, trascinandolo verso gli altri nonostante le sue proteste:
“Tommy, no. Per davvero, io non..!” lo ignoro e solo a destinazione lo lascio andare, così che possa farmi passare i dadi e, agitandoli in mano, possa concludere la mia precedente affermazione:
“Se ne vale davvero la pena, se uno cerca bene prima o poi trova.” soffio nelle mani ed infine lancio quanto reggo, pregando che vada bene ed ottenendo un doppio cinque, che zittisce tutti i presenti, me per primo.
Mi sforzo di nascondere un’esclamazione di trionfo e, facendomeli ripassare, li porgo nella sua direzione, invitandolo:
“Prova.” mi guarda insicuro, rifiutando:
“Io non…”
“Avanti.” lo interrompo, insistendo “… Male non ti farà.” o almeno così mi auguro.
Tituba per un lungo momento, poi si lascia convincere anche dalle incitazioni degli altri presenti e, dopo aver preso i due cubi, li agita per niente convinto tra le mani qualche attimo e, quando li lancia, devo davvero impormi di non esultare quando anche lui ottiene un doppio cinque, che lo lascia ancor più ammutolito, al contrario di me che lo prendo come un vero e proprio segno del destino.
Ciononostante, ancora non è convinto:
“È solo una coincidenza.” mi faccio ripassare i dadi.
“Le coincidenze non esistono.” lo contraddico, agitandoli ed infine, dopo aver soffiato di nuovo su di essi, li lancio di nuovo, ottenendo questa volta un doppio tre.
Infine lo convinco a riprovare anche lui, per darmi prova della sua convinzione e non so proprio come reagire quando, ancora una volta, ottiene il mio stesso risultato.
Sì, direi proprio che questo è un segno del destino.
Eppure lui pare pensarla diversamente e, dopo qualche attimo che gli serve per riprendersi, si fa ripassare i dadi per lasciarli ricadere nella mia mano e, accennando ad un sorriso che cela qualcosa che non comprendo, mi dà definitivamente un due di picche:
“È stata solo fortuna.” infine si volta, uscendo dalla tenda, senza che io abbia la prontezza di fermarlo, potendo solo rimanere a guardarlo sconsolato.
E ora cosa ho detto di sbagliato? Possibile che non ne azzecchi nemmeno una?
Non ho il tempo di rammaricarmi a lungo, distratto poco tempo dopo da una mano che si appoggia sulla mia spalla, attirando la mia attenzione e, voltandomi, mi ritrovo davanti Minho che, semplicemente, commenta:
“Ben fatto.”
“Non prendermi in giro.” non ho bisogno della sua ironia, lui che sa sempre trovare le parole giuste da dirgli!
Anzi, lui che non ha nemmeno bisogno di cercarle!
Non si rende conto di quanto sia frustrante, per me.
“Guarda che dico sul serio.” ribadisce ma, non credendogli affatto, mi informo:
“Non lo segui?” si mette leggermente a ridere, rispondendo:
“No di certo! Ha bisogno di pensare, se lo seguissi subito, chissà come reagirebbe! Quando avrà metabolizzato la faccenda e sarà più incline a parlare, allora ci penserò. Ma stavolta non sono io, quello che dovrebbe seguirlo.” non capisco ma non ottengo altre spiegazioni e, dopo che ha ripreso i dadi, la serata continua, senza che il biondo dia cenno di tornare insieme a tutti noi.
Quando poi Alby ci richiama all’ordine, vinco i due cubi, essendo stato l’unico ad ottenere un doppio numero.
Rimango a fissarli nel mio palmo per un lungo momento, prima di decidere di osare il tutto per tutto e, dopo averli agitati, aver soffiato su di essi prima di lanciarli e aver ottenuto un doppio quattro, mi convinco a realizzare la mia idea, lasciando la tenda e cercando con lo sguardo una persona in particolare, che non vedo ma che mi viene detto dove si trova da un cenno del capo da parte di Minho, dettaglio che mi lascia un po’ confuso.
Continuo a non capire il rapporto tra di loro.
Però… Non intendo farmi da parte fino a quando non sarò sicuro di non avere una possibilità.
Così riesco finalmente a raggiungere il biondo, che sembra non avercela più tanto con me, nonostante il sorriso con cui mi saluta mi dà l’impressione di essere fatto solo per cortesia.
“Che cosa c’è?” non indugio, allungando una mano nella sua direzione affinchè capisca di fare lo stesso per ricevere una cosa da me, che si rivelano essere i due dadi, per i quali affermo:
“Vorrei che li tenessi tu.” ritiro immediatamente la mano, così che in alcun modo possa ridarmeli indietro quando capisce cosa sono e, senza nascondermi la sua difficoltà, domanda:
“Cosa ci dovrei fare?”
“Tenerli. E riflettere.”
“Tommy…” comincia, tendendoli nella mia direzione ma io non gli nascondo il non essere assolutamente intenzionato ad accettarli.
Infine ribadisco:
“Non esistono le coincidenze.” io e lui abbiamo ottenuto lo stesso risultato per ben due volte di fila.
Non è una coincidenza. È un segno.
E vorrei che, tenendo quei dadi… Mi prendesse in considerazione.
Per qualcosa di più di uno stupido pivello smemorato che cerca solo di fare colpo su di lui.
O di fare o dire qualcosa che possa strappargli un sorriso sereno.
Mi rendo conto che non sa cosa replicare ed io ne approfitto subito per andarmene, avendo avuto l’ultima parola e mantenendo ancora la speranza che, anche solo per un momento, faccia quanto spero e, per un momento, mi veda con occhi diversi da quelli con i quali mi guarda ogni giorno.
Anche se non ho i ricordi di chi sono… Gli dimostrerò che, se mi desse una possibilità, potrei essere alla sua altezza.
 
Continua…
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