Le conseguenze delle mie scelte – Capitolo III


Picchietto nervosamente le dita sul braccio, prima di guardarmi intorno, poi l’orologio e infine di nuovo nei dintorni.
È in ritardo..
Lo so che non dovrei stupirmi, visto che ha scelto un posto che non mi costringa a fare molta strada e io sono pure in anticipo, eppure.. Vorrei solo che aggiustassimo le cose alla svelta.
Faccio appena in tempo a concludere il pensiero, prima che il rumore di una portiera che si chiude attiri la mia attenzione e, tempo pochi secondi, vedo finalmente Atobe venirmi incontro.
Approfitto immediatamente dei passi che percorre nella mia direzione per studiarlo, ritrovandomi a pensare che anche oggi è davvero bello.
Si è vestito semplice, probabilmente per il poco tempo che passeremo insieme, eppure.. Ogni volta che lo vedo, non posso non pensare che è bello. E che mi piace guardarlo.
E che non voglio perderlo..
Mi avvicino a lui e, quando gli sono di fronte, accenno ad un sorriso, mormorando:
“Ciao..”
“Ciao.” replica, più tranquillo di me.
Mi stringo nelle braccia, non sapendo bene come proseguire ma, prima di trovare una soluzione, mi anticipa, chiedendomi:
“Hai freddo?” scuoto la testa, appoggiandomi appena al suo braccio “.. Sicuro?” annuisco.
“C’è..” comincio, leggermente incerto “.. C’è un parco, qui vicino.” capisce dove voglio andare a parare e, facendomi un cenno con la testa, prosegue al posto mio:
“Andiamo.” annuisco, ma prima di potermi muovere è lui a prendermi per mano, facendo strada nella direzione in cui gli ho indicato.
Arriviamo a destinazione in silenzio, situazione che rimane tale anche quando ci sediamo sulle due altalene, io nella posizione corretta e lui a cavalcioni nella mia direzione.
Rifletto ancora qualche istante su come cominciare e, mentre io penso, lui rimane a guardarmi, senza fare domande o mettermi fretta.
Alla fine, riesco ad esordire solamente con la cosa più banale, ma anche quella a cui ultimamente penso con la maggior frequenza:
“Non mi piace quando sei arrabbiato con me. Anche se hai ragione.. Eppure.. Non mi piace..”
“Non sono arrabbiato con te.” replica, come se per lui davvero non fosse successo niente.
“Ah no?” mormoro, non del tutto convinto.
“No.” conferma “.. Sono arrabbiato, ma non lo sono con te.” mi volto nella sua direzione, vedendolo appoggiato alla catena, verso di me.
“E allora..?” tutto quello che è successo è stato perchè..?
“È la situazione in generale che mi fa arrabbiare. Il fatto che nella tua scuola vogliate sempre ficcare il naso negli affari altrui e..” si interrompe e, curioso di sapere cos’altro c’è, insisto:
“E..?” mi osserva in silenzio per alcuni secondi, con quell’espressione che assume quando vorrebbe che capissi le cose senza che me le dicesse lui, ma poi si arrende, ammettendo senza la minima incertezza:
“Mi fa arrabbiare il fatto di doverti tenere nascosto.” devo prendermi qualche attimo per pensare a cosa rispondere, riuscendo alla fine a mormorare un semplice:
“Scusa.”
“Non importa.” non è vero. A lui importa e importa eccome!
Eppure, per colpa della mia indecisione è costretto a vivere una situazione, questa situazione, che non gli piace!
“Fuji.” mi riprendo dai miei pensieri, tornando a dargli la mia attenzione “.. Non devi fare qualcosa che non ti senti in grado di fare.” ma io.. Io non voglio che ci vada di mezzo lui.
Non voglio che stia male, per causa mia.
Non rispondo, abbassando lo sguardo e facendolo sospirare.
Rimaniamo in silenzio per diversi secondi, fino a quando è ancora lui a riprendere, chiedendomi:
“Allora, c’è altro che volevi dirmi?” a parte che non voglio che mi lasci?
Rifletto per qualche istante, cominciando a dondolarmi leggermente e, non avendo altro modo per testare il suo umore, mi azzardo a dirgli:
“Credo che Eiji abbia qualche problema ma che non me ne voglia parlare.” rimane in silenzio, ma prima che io possa voltarmi a guardarlo, ribatte:
“Questa è proprio l’ultima cosa che voglio sentire.” mi metto a ridere.
Direi che è tornato ad essere l’Atobe di sempre!
Mi appoggio con la testa alla catena, chiudendo gli occhi e, sentendomi rincuorato dalla facilità con cui si sono sistemate le cose, non posso fare a meno di mormorare:
“Glielo dirò, prima o poi. Ho solo bisogno dell’imput per affrontare la situazione.”
“Dell’imput?” annuisco.
Partendo dal nulla per me sarebbe praticamente impossibile arrivare all’argomento, ma se riuscissi in qualche modo ad introdurlo mentre parliamo d’altro, forse potrei..
Torno parzialmente alla realtà quando avverto le sue labbra sfiorare appena le mie, in quel suo modo dolce che mi fa dimenticare il resto.
Le socchiudo appena, lasciando che sia lui ad approfondire il gesto e abbandonandomi a lui, al punto che quando si allontana, non posso fare a meno di sussurrare:
“Ancora..” non se lo lascia ripetere, sebbene questa volta non sia così dolce come prima, ma più passionale.
Attendo anche questa volta che sia lui ad indietreggiare, rimanendo vicino a me.
“Scusa.” sussurra, con un filo di voce.
Non gli chiedo spiegazioni, non solo perchè non sono del tutto sicuro di averlo sentito, ma anche perchè non vedo motivo per cui debba scusarsi.
Se mai.. Dovrei essere io, a farlo.
“Va meglio?” mormora, a voce bassa.
Annuisco, sussurrando:
“Sì. Grazie..” mi appoggio a lui, restando ad occhi chiusi per qualche minuto.
Non aggiunge altro e così nemmeno io, con il risultato che restiamo in silenzio per diverso tempo, fino a quando torno alla realtà, spostandomi in modo da poterlo vedere per fargli notare:
“Si sta facendo tardi e domani avrai la scuola.”
“Già.”
“Forse è meglio.. Andare..”
“Sì.” tuttavia, non accenna a muoversi, con il risultato che tocca ancora a me alzarmi, ritrovandomi a pochi centimetri da lui.
“Grazie per essere venuto fin qui per me.” mormoro, appoggiando una mano al suo torace per farlo indietreggiare.
Si oppone, facendomi leggermente ridere.
“Atobe..” lo riprendo, abbassando leggermente il capo.
Non replica, approfittando della posizione in cui siamo per schioccarmi un bacio leggero sulla tempia, dopo il quale sussurra:
“Non devi preoccuparti di niente. Io sono qui.”
“Lo so.” e ne sono davvero sollevato.
Infatti, mi concedo di indugiare qualche secondo ancora così accanto a lui, prima di ripetere, spingendolo leggermente indietro:
“È meglio se vai.” visto che ha sicuramente più strada di me da fare, per arrivare a casa.
“Ci vediamo domani.” annuisco, lasciando che mi accompagni all’angolo vicino a casa mia dove ci separiamo, non prima che lui mi abbia dato un altro bacio, veloce e leggero, a fior di labbra.
Lo osservo allontanarsi fino a quando rimane nel mio campo visivo e, una volta di nuovo solo, non posso fare a meno di sospirare leggermente.
Domani sarà sicuramente un bel giorno.

“Avete fatto pace?” mi domanda a bruciapelo il mio migliore amico con un sorrisetto furbo, non appena riusciamo a stare da soli per più di due minuti.
Sorrido al meglio, chiedendogli:
“Da cosa lo hai dedotto?” ridacchia di rimando, ribattendo:
“La tua espressione parla da sola.”
“Lo so.” ammetto, senza poter e voler far nulla per nasconderlo.
“Alla fine si è trattato solo di uno stupido malinteso.” lo informo, piegando leggermente la testa di lato “.. Ma siamo riusciti a parlarne e prima o poi metteremo una pietra sopra tutto.”
“Prima o poi?” replica, leggermente incerto. Annuisco, spiegandogli:
“C’è ancora una cosa che dobbiamo sistemare, ma..” al momento richiede ancora un po’ di tempo..
Mi studia per qualche secondo, prendendosi il mento tra le dita, prima di commentare:
“Non è da te titubare così a lungo.”
“Lo so.” ma visto il passo da fare, non riesco a figurare come la cosa potrebbe svilupparsi e l’idea di affrontarla impreparato non mi incoraggia per niente.
Non riesce a ribattere, anticipato da una nostra compagna di classe che, avvicinandosi, ci interrompe.
Mi guarda, mormorando velocemente:
“Ti cercano.” guardo oltre lei, verso la porta, sorridendo quando i miei occhi si posano su Tezuka.
“Torno subito.” mormoro al mio migliore amico, che annuisce, mentre io mi alzo per raggiungere il nostro capitano.
“Ti serve qualcosa?” domando, senza cambiare espressione.
“Hai un momento?” annuisco e, dopo un suo cenno del capo, lo seguo, fino ad arrivare in terrazza.
Rimango leggermente sorpreso, ma aspetto che sia lui a esordire, appoggiandomi al parapetto per guardarlo. Mi porge un libro che riconosco solo in un secondo momento essere il mio dizionario, con un semplice:
“Avrei voluto restituirtelo prima.” ci resto più sorpreso di prima, prendendolo e facendogli notare:
“Non c’era bisogno di arrivare in terrazza, per ridarmelo.” senza contare che avrebbe tranquillamente potuto farlo una volta al club! “.. Comunque, grazie ugualmente.” rimaniamo in silenzio per qualche minuto e, dato che non pare esserci altro, mi allontano da dove sono, facendo per muovere il primo passo per rientrare.
Mi blocco prima, quando è ancora lui a parlare, glaciandomi con un neutro:
“Tutti avrei creduto, tranne Atobe.” in cui, però, non avverto tutta questa indifferenza.
“Co.. Come?” domando, non certo di aver capito bene.
O meglio.. Sperando di aver capito male.
Perchè lui non può.. Non..
Tuttavia, mi basta come la sua espressione si faccia decisamente più fredda del normale per avere la mia risposta, ma questo non pare avere importanza, dato che ci tiene a replicare, fintamente disinteressato:
“Ho sentito che giravano delle voci su di te e qualcuno della Hyotei, ma, trattandosi di te, non credevo che fossero vere.” fa una piccola pausa, durante la quale non distoglie lo sguardo dal mio, per poi concludere:
“E invece ieri..” i-ieri?
“Ero passato a ridarti il vocabolario.” riprende e, sebbene mi basti questo per capire tutto il resto, non pare intenzionato a volersi fermare.
“Tezuka..” mormoro, cercando di sciogliere il nodo che avverto allo stomaco.
“Hai fatto in fretta.” mi paralizzo.
In.. Fretta?
Chiudo gli occhi per qualche secondo, cercando di ragionare e di non far tremare la mia voce quando gli chiedo, più incerto di quanto vorrei:
“Cosa intendi?”
“Quello che ho detto.” ribatte, fintamente non curante, ma lasciandomi percepire appieno la sua decisione, avvicinandosi di un passo “.. Credevo che mi avresti aspettato. Che, una volta tornato, la situazione sarebbe cambiata. Cambiata tra noi due.” fa una piccola pausa, per dar maggior peso all’ultima frase che si è premurato di sottolineare, per poi riprendere:
“All’inizio è rimasto tutto uguale ma, anche se la cosa mi ha lasciato un po’ perplesso, ho pensato che avessi bisogno di tempo. Invece, nulla è cambiato e io mi chiedevo perchè. Poi alla fine ho capito.” assottiglia leggermente gli occhi, sibilando:
“Hai trovato alla svelta qualcuno con cui sostituirmi.” qualc..
Qualcuno con cui sostituirlo?
“Atobe..!” non è assolutamente qualcuno con cui sostituirlo!
Inoltre.. Non può certo dire che sia stata una cosa veloce.
Io..
“Non è così?” io..
Non trovo la forza di ribattere e quasi non ne ho il tempo, a causa sua che si avvia verso la porta, concludendo con un lapidario:
“Credevo di aver capito com’eri fatto.” com.. “.. Evidentemente mi sbagliavo.”
“Che..” balbetto, cercando di ignorare il nodo alla gola che mi si è formato “.. Che intendi dire?”
“Quello che ho detto.” ribatte secco, guardandomi da sopra una spalla.
Fa per andarsene e, forse proprio a causa della confusione in cui il tono con cui ha affrontato il discorso mi ha mandato, riesco solo a domandare:
“Che cosa avrei dovuto fare?” non risponde a parole, ma mi basta il suo sguardo per capire la risposta.
Non ho il tempo di giustificarmi, sempre a causa sua che fa di nuovo per andarsene, fermandosi sulla soglia della porta giusto il tempo per concludere con un lapidario:
“Mi hai davvero deluso.” dopo il quale se ne va, lasciandomi senza parole e, soprattutto, facendomi sentire uno schifo.
Non riesco a reagire per alcuni minuti ancora e, non appena quanto mi ha detto termina di arrivare completamente alla mia mente, non posso fare a meno di chiudere gli occhi, nascondendo il volto dietro le mani.
Lui..
Allontano una lacrima con un gesto nervoso.
Io..
Non..
Mi rendo conto benissimo anche da solo di quanto mi abbiano fatto male le sue parole e non mi rimane che sedermi e appoggiarmi alla rete, nascondendomi contro le ginocchia per lasciar sfogare il mio pianto silenzioso, stringendo più che posso il mio dizionario.
Non volevo che andasse così.
Non volevo che affrontassimo il discorso in questo modo.
Io.. Temevo che non avrebbe capito. Ma non mi aspettavo di certo che reagisse in questo modo.
È uno stupido..
Ora mi chiedo solo che ne sarà di quel legame che credevo speciale e che ci univa..
Lascio passare qualche minuto dopo il suono della campanella, in modo da essere sicuro di non incontrare nessuno per i corridoi quando mi alzo, dirigendomi verso il mio armadietto.
Lo apro ma, non sapendo bene a cosa ciò mi serva, lo richiudo quasi subito, per poi uscire dall’edificio e tornare a casa.
Non credo di poterlo affrontare di nuovo.
Salgo debolmente le scale, sentendo solo di sfuggita mia madre chiamarmi e chiedere:
“Shusuke? Va tutto bene?”
“Sì..” no.. “.. Non mi sentivo molto bene e..” mi chiudo in stanza, affinchè non mi veda, pregando che non venga a controllare le mie condizioni.
Per fortuna è così, dato che la sua voce mi arriva da oltre la porta:
“Ti porto qualcosa?”
“No.. Grazie.. Ho solo bisogno di..” smettere di pensare “.. Riposare un po’. Poi starò bene.”
“Sicuro?”
“Sì.” non insiste ulteriormente ed io posso finalmente infilarmi sotto le coperte, nel mio letto, rannicchiandomi più che posso mentre le parole di Tezuka tornano a riecheggiarmi nella mente, fredde e spietate.
Forse ho sbagliato io..
Avrei dovuto parlargliene..
No. Forse più semplicemente non avrei dovuto fare niente..
Mi giro sull’altro fianco, massaggiandomi debolmente le tempie a causa del mal di testa.
Sto cominciando a pensare ad un sacco di sciocchezze. Devo smetterla. Smetterla e calmarmi..
Provo inutilmente ad asciugarmi gli occhi con il dorso delle mani, ma mi arrendo ben presto, tornando nella posizione originaria.
Devo solo aspettare che passi, no? Perchè.. Prima o poi passerà, vero?
Cerco di consolarmi con questo pensiero, senza riuscire neppure ad addormentarmi, sebbene sia perfettamente conscio che questa sarebbe la soluzione migliore ai miei problemi, tornando alla realtà parecchio tempo più tardi, quando il mio cellulare comincia a vibrare per la terza volta.
Di malavoglia, allungo una mano fuori dalle coperte per prenderlo, irrigidendomi quando mi accorgo dell’ora che si è fatta, dettaglio che mi toglie ogni dubbio su chi possa essere a cercarmi.
Che diamine di fine hai fatto?
Atobe..
E come dargli torto? Dovevamo vederci più di un’ora fa ed io, oltre a non essermi presentato e non averlo avvisato, non ho nemmeno risposto alle sue chiamate.
Sospiro interiormente.
Eppure..
Scusa, ma.. Stasera non me la sento.
Non riesco a trovare altro con cui spiegargli la situazione e, non ottendendo risposta, suppongo che quello che gli ho scritto sia stato sufficiente.
Non è uno stupido.. Sicuramente capirà che ho qualcosa che non va e stare da solo non può che farmi bene.
Eppure, passa solo poco più di mezz’ora prima che io avverta qualcuno bussare alla mia stanza.
“Non ho bisogno di niente.” rispondo “.. Non preoccuparti, mamma.”
“Potresti almeno dirmelo guardandomi in faccia?” sobbalzo, riconoscendo immediatamente la persona dietro la porta.
Q-Quel tono irritato, con q-quella particolare cadenza..
Mi alzo e, per prima cosa, mi asciugo velocemente gli occhi, per poi affrettarmi ad andare ad aprire, socchiudendo appena l’uscio per confermare anche visivamente ciò che temo.
E.. E lui..
“Che ci fai qui?” mormoro, decisamente sorpreso.
Si acciglia leggermente e, mentre apro completamente la porta, ribatte:
“Mi hai liquidato con un messaggio praticamente vuoto. Non credere che mi accontenti.”
“Scu.. Scusa..” mormoro, abbassando immediatamente lo sguardo, mentre indietreggio di un passo per farlo entrare.
“Cos’è successo?” domanda, tornando a parlarmi con quel tono dolce e premuroso che usa solitamente con me ma che in questo momento non mi aiuta a farmi sentire meglio.
Infatti, tutto ciò che riesco a rispondergli è un semplice:
“Tezuka..” prima che il ricordo dello scontro avuto con il diretto interessato torni a farsi vivido nella mia mente, portandomi di nuovo a piangere.
No.. Io non voglio.. Piangere davanti a lui..
Eppure è troppo tardi ed io attendo solo pochi secondi prima di venire avvolto dalle sue braccia che mi stringono dolcemente.
Questo mi fa sentire decisamente meglio, tanto che mi aggrappo completamente a lui, sfogandomi:
“Lui.. Lui..! L’altra sera ci ha visti e..! E..! E adesso..! Io..! Noi..! Lui..!” mi odia!
Sicuramente mi odia e mi allontanerà da sè!
E io non voglio che mi allontani da sè!
Non risponde, limitandosi a tenermi stretto ma, non avvertendo da parte sua alcuna sorpresa in merito, mi allontano leggermente, per osservarlo in viso e rendermi così conto di qualcosa che avrei preferito non vedere.
“Tu..” mormoro, scosso “.. Lo sapevi!” non nega ed è proprio questo a darmi conferma nei miei timori.
“Lo sapevi!” esclamo, allontanandolo da me con una spinta.
“Fuji..”
Scusa.
Quel.. Quel bacio..
“L’hai fatto apposta!” lo interrompo, ben deciso a non volerlo ascoltare “.. Come hai potuto?!” io mi fidavo di lui! Credevo avesse capito che non ero pronto ad affrontarlo!
“Fuji.” ci riprova, più deciso di prima ma mi ritraggo prima che possa prendermi per un braccio.
“No!” tenta di nuovo ma, ancora, glielo impedisco, senza potermi frenare dal dirgli:
“Vattene.” si acciglia leggermente e, sebbene percepisco la sua voglia di ribattere, non lo fa immediatamente, dandomi la possibilità di approfittare del suo indugio e, di conseguenza, spingerlo fuori dalla porta, che chiudo immediatamente con un:
“Non ti voglio vedere!” mi aspetto una risposta, a giudicare dalla sua espressione di poco prima anche piuttosto acida, che però non arriva e, non avvertendo più la sua presenza fuori dalla mia stanza, non posso fare a meno di lanciare il cuscino contro il legno.
Stupido Atobe!
Come..?! Perchè l’ha fatto? Io credevo..! Io pensavo..!
Mi lascio cadere a terra e, passandomi una mano tra i capelli, sospiro, chiudendo gli occhi mentre le lacrime tornando a rigarmi il viso.
Stupido Atobe..
E adesso come faccio a sentirmi meglio se l’unica persona che vorrei che mi abbracciasse in questo momento sicuramente non verrà da me?
Raggiungo il cuscino, abbracciando quello come ripiego, in cerca di consolazione, affondandoci il volto per continuare il mio sfogo e proseguire il mio pianto.
Altro che bella giornata.. Questa è davvero da dimenticare..

“Fujiko!!!” non reagisco in tempo e ci manca veramente un soffio perchè io cada sotto il peso del mio migliore amico che, di slancio, si è letteralmente buttato sulla mia schiena “.. Cos’è successo? Sei sparito e hai pure saltato gli allenamenti! Tezuka era furioso, faceva davvero paura!” si interrompe un attimo, per poi continuare sottovoce:
“Per fortuna che non l’hai visto..” dopo di che riprende con il medesimo tono di prima:
“Mi hai fatto preoccupare! Perchè non mi hai detto niente?”
“Scusa, Eiji..” mormoro, non sapendo cos’altro dirgli.
Ieri non ho fatto altro che piangere, combattuto sul chiamare Atobe o meno oppure se chiamare Tezuka e provare a parlargli.
Alla fine non ho portato a termine nè l’uno nè l’altro obiettivo e oggi non so come affrontarli..
Dopo il modo in cui l’ho trattato, non credo proprio che Atobe sia così incline a fare come se nulla fosse o, peggio, a discutere immediatamente della questione.
Sospiro interiormente, tornando alla realtà a causa del mio migliore amico che, distraendomi, riprende:
“Ma mi dici cosa è successo?”
“Ecco.. A dire il vero..” non so molto bene come spiegarglielo..
Lo capisce da solo, chiedendomi:
“C’entra Tezuka?” annuisco, specificando:
“E non solo.” si fa pensieroso, ma non aggiunge altro, se non qualche minuto dopo quando, passandomi un braccio intorno alle spalle, esclama:
“Non preoccuparti! Vedrai che troveremo una soluzione!” già..
Ma tra quanto?
Io.. Vorrei solo riavvolgere il tempo ed evitare tutto questo.
Oppure.. Mandare avanti i giorni, fino a situazione risolta.
Perchè non c’è un modo per farlo?

Continua…

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